Alessandro Baronciani
“Quando tutto diventò blu”
Black Velvet, pp. 116, euro 11
Una ragazza scopre, a trenta metri di profondità sott'acqua, all'improvviso e per la prima volta, la paura. La paura vera, quella che costringe a scappare. Comincia un'odissea tra medici e medicine, con un amore che finisce e l'impossibilità non solo di coltivare amicizie, ma anche semplicemente di salire su un autobus. Il fumettista pesarese Alessandro Baronciani affronta un argomento impegnativo con la solita delicatezza e torna alla grande con questo nuovo graphic novel dopo l'ottimo “Le ragazze nello studio di Munari”. Anche stavolta quell'ormai inconfondibile tratto pulito ed essenziale eppure efficacissimo, oltre alla scelta di optare per un bel blu al posto del solito bianco e nero, sono al servizio di una narrazione non priva di poesia. Il tema non è certo dei più ammiccanti, eppure per il modo in cui è sviluppato si fa presto ad affezionarsi alla protagonista, la cui vicenda intima può essere però letta come metafora di un male di vivere senz'altro più generalizzato.
Guido Siliotto
“Quando tutto diventò blu”
Black Velvet, pp. 116, euro 11
Una ragazza scopre, a trenta metri di profondità sott'acqua, all'improvviso e per la prima volta, la paura. La paura vera, quella che costringe a scappare. Comincia un'odissea tra medici e medicine, con un amore che finisce e l'impossibilità non solo di coltivare amicizie, ma anche semplicemente di salire su un autobus. Il fumettista pesarese Alessandro Baronciani affronta un argomento impegnativo con la solita delicatezza e torna alla grande con questo nuovo graphic novel dopo l'ottimo “Le ragazze nello studio di Munari”. Anche stavolta quell'ormai inconfondibile tratto pulito ed essenziale eppure efficacissimo, oltre alla scelta di optare per un bel blu al posto del solito bianco e nero, sono al servizio di una narrazione non priva di poesia. Il tema non è certo dei più ammiccanti, eppure per il modo in cui è sviluppato si fa presto ad affezionarsi alla protagonista, la cui vicenda intima può essere però letta come metafora di un male di vivere senz'altro più generalizzato.
Guido Siliotto
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