domenica 28 marzo 2010

Stefano Bettini / Pier Tosi

Stefano Bettini / Pier Tosi
“Paperback Reggae”
Olimpia, pp. 250, euro 19
Se c'è una storia confusa è quella del reggae. Sarà per via delle sue origini, sarà per la fauna di musicisti tanto geniali quanto indisciplinati, sarà per la realtà produttiva, sempre animata più dal talento, che dalle strategie del mercato. Fare chiarezza è dunque missione impossibile per i più. Ci provano stavolta due autentici esperti: da una parte Stefano Bettini, in arte “Il generale”, da tempo uno dei più credibili e appassionati profeti in Italia della musica in levare, dall'altra il giornalista e dj Pier Tosi. Un lavoro affrontato, dunque, con competenza e passione, cercando di far emergere di più il dato critico e storico su quello aneddotico. Una panoramica ricca di dati, riferimenti, spunti. Il risultato è un testo che si potrebbe studiare a scuola, ma che ci accontentiamo di leggere con la giusta colonna sonora in sottofondo.
Guido Siliotto

Drink To Me

Drink To Me
“Brazil”
Unhip
L'eclettica etichetta Unhip torna sul mercato col nuovo cd dei Drink To Me, il seguito del precedente “Don't Panic, Be Organic!” del 2008. La giovane band piemontese, che già si era fatta notare per la capacità di mettere assieme vecchio e nuovo, mescolando rock rabbioso e irresistibile follia, ha semplicemente deciso di continuare su tale versante, approfondendo però certi spunti. Anzi tutto, come molte altre formazioni nostrane da qualche tempo a questa parte, ha deciso di puntare parecchio sulla tipica ripetitività del kraut-rock, riveduta e corretta, con un'indole chiaramente minimalista che gioca sulle ritmiche ossessive, sulle quali poi innestare certa adrenalina a base di chitarre, sì, ma anche di tastiere e voci stralunate. Con l'aiuto di due giovani ma esperti produttori, oltre che musicisti, come Alessio Natalizia (Disco Drive) e Bruno Germano (Settlefish), i Drink To Me sono stati capaci di confezionare dieci tracce che confermano la bontà di un progetto adeguatamente accessibile e alla moda, ma, nel contempo, piuttosto attento a mostrare denti e personalità.
Guido Siliotto

Marvin

Marvin
“Hangover The Top”
Africantape
Se cercate un disco che non lascia un attimo di respiro e che sia inclassificabile, ricco di idee, forsennato, ecco che questa band di Montpellier potrebbe fare al caso vostro. I Marvin arrivano al secondo cd e si presentano con un armamentario che fa paura: sono solo in tre, ma picchiano sodo e non stanno mai fermi. Macinano gli stili di riferimento, sconvolgono le coordinate come una bussola impazzita e, soprattutto, hanno l'aria di divertirsi un mondo. Usano il vocoder sulla voce e tastiere e sintetizzatori, ma non c'è l'elettronica alla base del loro suono. Anzi, potremmo definirlo un gruppo noise, se non fosse che anche l'heavy metal fa parte delle possibili direzioni in cui si muove qualcuna delle loro canzoni. E che dire di certe parentesi chiaramente kraute? E di quelle geometrie ardite e complesse che fanno tanto math-rock? E, come se non bastasse, eccoli cimentarsi in chiusura di cd con una cover di Brian Eno. Ora, se tutto fosse a fuoco, questi tre francesi sarebbero dei geni. Ovviamente non è così: la perfezione è lontana, gli eccessi sono sempre dietro l'angolo. Ma che disco!
Guido Siliotto

martedì 23 marzo 2010

Miss Massive Snowflake

Miss Massive Snowflake
“Songs About Music”
North Pole / Wallace
E' una vecchia conoscenza Shane de Leon, già membro della cult-band Rollerball, ma spesso coinvolto anche dalle nostre parti con escursioni musicali assortite, in combutta con formazioni come Ovo, Ronin e Vonneumann. Miss Massive Snowflake è il progetto nato qualche anno fa, uno sfogo personale e, più che altro, una faccenda strettamente familiare, visto che vedeva la partecipazione anche di moglie, figlia e nipote. Poi la cosa ha preso una piega più impegnativa ed ecco un più ampio assortimento di collaboratori, compreso il chitarrista Bill Horist e il fido Gilles, già collega nei Rollerball. Anche in questo capitolo, intitolato in maniera significativa “Songs About Music”, si coglie un'indole per lo più rilassata, la capacità di scrivere belle canzoni, senza troppi fronzoli e con un piglio non particolarmente spericolato. Le atmosfere si fanno più tradizionali rispetto al precedente cd, “Queen’s Headache”, il che consente di apprezzare le qualità compositive del musicista di Portland, che naviga con sicurezza nel pop classico, finanche romantico e passionale, con escursioni nel glam-rock e un pizzico di psichedelia e jazz. Un dischetto davvero niente male.
Guido Siliotto

Blastula

Blastula
“Scarnoduo”
Amirani
Il nome Blastula allude a una fase di vita dell'embrione animale, quando ancora non può parlarsi di un organismo completo, e il titolo del cd, “Scarnoduo”, ben sintetizza le caratteristiche del progetto messo in piedi quattro anni or sono dal batterista Cristiano Calcagnile (che mercoledi sarà al Teatro del Giglio di Lucca assieme a Stefano Bollani ne “I visionari”) e dalla cantante Monica Demuru. Il punto di partenza è il dialogo tra la voce e le percussioni: una dialettica che tende all'incontro, ma che inevitabilmente è anche un inseguire e sfuggire, sull'onda di una ricerca d'equilibrio tra improvvisazione e composizione. Quest'ultima, fa tesoro della necessità di un contatto con le radici: la musica tradizionale e la poesia sono i veicoli per far emergere le pietre dure e scavate dal vento così come la terra arsa dal sole, ma anche le onde del mare agitato della Sardegna, luogo geografico e spirituale. La voce è strumento e le parole servono come non mai anche ad esaltarne la duttilità e a restituirci dramma, gioia e passione. Un disco al contempo ostico, intenso e coinvolgente.
Guido Siliotto

Dave Cooper

Dave Cooper
“Ciccia. Una predilezione per Tina”
Comma 22, pp. 136, b/n, euro 16
Messosi in testa di ritrarre l'erotismo del brutto, l'insicuro e problematico artista protagonista di questa storia si imbatte in Tina, modella improvvisata, molto in carne, piena di brufoli e con i canini aguzzi. Ben presto, il giovane si rende conto di non poterne più fare a meno, inebriato e imbrigliato da un innamoramento che sfocia in ossessione. Dave Cooper descrive con innegabile bravura l'incapacità di ribellarsi alle passioni, per quanto inspiegabili, così forti da rendere impotente chi le subisce. Il corpo di Tina è al centro della scena, la sua oggettiva bruttezza diventa una prospettiva inebriante. Con una introduzione del regista David Cronenberg, canadese come Cooper, un altro che di passioni morbose se ne intende.
Guido Siliotto

lunedì 15 marzo 2010

Joe Sacco

Joe Sacco
“Io e il rock”
Comma 22, pp. 128, b/n, euro 19
E' un vero e proprio reporter a fumetti l'americano Joe Sacco. Celebri i suoi viaggi in Palestina e a Sarajevo, dove ha affrontato ambienti difficili, restituendoci grandi pagine. Ma cosa c'è di più pericoloso del rock'n'roll? Prima delle sue graphic novel più celebri, Sacco s'era messo in testa di raccontare il tour europeo dei Miracle Workers, che seguì nel loro peregrinare armato di matita e bloc-notes. Ma, anziché prendere i canonici appunti, non faceva altro che disegnare. Ne è venuta fuori una serie di tavole esilaranti e vivacissime, con un taglio grottesco perfetto per descrivere la follia di quei giorni. A completare il volume, edito in Italia da Comma 22, oltre ad alcuni schizzi preparatori e alla riproduzione dei poster realizzati per i concerti, da non perdere le pagine dedicate alla fauna del rock e, soprattutto, quelle sui Rolling Stones, autentica passione di Sacco.
Guido Siliotto

Drew Andrews

Drew Andrews
“Only Mirrors”
Lili is Pi
Non è un completo esordiente Drew Andrews, già coinvolto nel progetto Via Satellite e collaboratore di The Album Leaf. “Only Mirrors” è però il suo debutto solista, composto in completa autonomia e realizzato con l'aiuto di alcuni selezionati ospiti. Le canzoni hanno una cuore acustico: la chitarra di Drew ben si combina con gli altri strumenti (compresi archi e xilofono), ma resta sempre al centro della scena assieme alla voce. Ne consegue che le canzoni si lasciano apprezzare per la vena compositiva piuttosto ispirata, mentre gli arrangiamenti contribuiscono a creare le atmosfere, per lo più malinconiche. Se la primaria fonte rimane il folk, tutto risulta mediato attraverso un'indole indie-pop intimista e appartata, piccoli drammi personali raccontati a voce sommessa. Con una biografia tormentata e avventurosa (figlio adottivo, conosce a 18 anni il padre naturale, che, guarda caso, è un musicista che finisce per diventare co-produttore dei suoi dischi!), la semplicità appare come una delle doti migliori di questo giovane cantautore di San Diego, sicuramente da tenere d'occhio anche per il futuro.
Guido Siliotto

The Please

The Please
“E'ltica - Sermon Your Nihilism”
Il verso del cinghiale
Nuova etichetta: Il verso del cinghiale, con base a Cremona, dopo alcune co-produzioni esce con un paio di cd realizzati in completa autonomia, scommettendo su due band agli esordi. Francamente non molto interessante il rock firmato “Juda”, che con “Malelieve” guardano al grunge utilizzando l'idioma italico, con risultati non disprezzabili, ma poco incisivi. Più intrigante la proposta di The Please, trio milanese che esce allo scoperto con “E'ltica - Sermon Your Nihilism”, album che conquista fin dal primo ascolto. Si muovono nel pop d'autore, influenzati da band come Tindersticks e Belle and Sebastian, dunque una proposta piuttosto variegata negli umori e nelle atmosfere, ma coi piedi ben piantati per terra. Non ci sono grosse sorprese, ma una solida capacità di comporre belle canzoni, melodie appiccicose e, soprattutto, grande cura negli arrangiamenti, con quel gusto un po' naif e certo pathos legato a corrose corde vocali e orchestrazioni a base di archi e fiati.
Guido Siliotto

venerdì 12 marzo 2010

Improvvisatore Involontario

Improvvisatore Involontario
Non proprio una vera etichetta, quanto un collettivo artistico, di quelli capaci di attrarre molta attenzione attorno a sé, geograficamente collocato in una città, Catania, che nonostante le ovvie difficoltà logistiche ha sempre saputo emergere in campo musicale. Il nome, Improvvisatore Involontario, lascia già intuire che si tratta di musica non omologata, dove la ricerca a tutto campo è l'elemento di spicco, accanto ad una inguaribile vena ironica. E gli ultimi dischi sono il sintomo di una vitalità ancora lontana dall'esaurirsi. Se War Duo, formato da Marcello Di Lorenzo al piano accanto al funambolico batterista Francesco Cusa, boss dell'etichetta, è l'incontro tra jazz e classica in un magnifico “La commissione d'ascolto”, non meno intrigante – senza commentare la copertina – il lavoro targato Body Hammer, “Origins of Bodyhammer”, con Carlo Natoli e Emiliano Cinquerrui all'elettronica terrorista contro il solito Cusa, ben concentrato alla batteria. Chiude il lotto l'impegnativo progetto Naked Musicians, orchestra jazz-rock diretta da Cusa con ottica zappiana, alle prese col concept “Emiliano Culastrisce” (www.improvvisatoreinvolontario.com).
Guido Siliotto

The Pretty Face

The Pretty Face
“The Pretty Face”
Area Pirata
Sono dei veterani i Pretty Face: attività ultra decennale, centinaia di concerti, alcuni di spalla a band del calibro di Troggs, Doctor Explosion e Fleshtones. Una autentica garanzia di qualità per gli amanti del garage-rock. Per nulla prolifici, con un solo ep all'attivo, il loro nuovo album omonimo esce per l'etichetta Area Pirata ed ha nelle quattro cover contenute accanto ai sei pezzi originali una discreta varietà di coordinate, da “Out of the Question” dei Seeds a “Kick out the Jams” degli MC5, da “One Step Closer to You” dei Miracle Workers a “Take it as it Comes” dei Doors. Facile immaginare le atmosfere, assolutamente sixties, con un pizzico di psichedelia, dai suoni delle chitarre agli immancabili organi Vox e Farfisa. Efficace il risultato, volutamente festaiolo e capace di farci immaginare la carica live del quintetto. Del resto, cos'altro ci si poteva aspettare da una formazione che ha scelto un nome che mette insieme leggende come Small Faces e Pretty Things? Ancora un bel centro per la label pisana.
Guido Siliotto

Her

Her
“E' tutto così”
123 / Materiali Sonori
E' uscito con la collaborazione di Materiali Sonori il disco di debutto firmato Her, ovvero Matilde Benvenuti alla batteria, Francesca Scaletti al basso e Leila Sampaoli alla voce e alla chitarra. Il trio toscano si forma nell'estate del 2007, l'anno successivo vince il Maggio-Off ed è selezionato per Sanremo Web 2009. Le tre ragazze cominciano dunque a farsi strada e questo è un cd che potrebbe spezzare più di un cuore. Le canzoni scritte da Matilde Benvenuti (figlia dell'attore Alessandro, anche lui da qualche tempo sempre più coinvolto nella musica) sono infatti perfette per parlare a un pubblico di teen-ager, con musiche dal taglio pop-punk-rock e testi che mettono in luce le problematiche di chi ancora va a scuola, ma guarda il mondo senza capirne granché. E però questo non può che essere solo un punto di partenza, perché il prossimo passo sarà quello di superare gli schemi rigidi che la band sembra essersi imposta – dai suoni fin troppo standardizzati a un'immagine stereotipata - per affermare finalmente la propria personalità.
Guido Siliotto

Addie Brik

Addie Brik
“Strike The Tent”
Itza
Vuol dire più o meno “levare le tende” la frase che dà il titolo al secondo album di Addie Brik ed è una affermazione che suona coerente con la vita di questa giramondo, americana della Georgia trasferitasi a Londra e poi migrata in Ungheria. È evidente, infatti, che la ragazza non sa proprio stare ferma: non solo non trova un tetto, ma neppure si placa la sua fame di conquiste da un punto vista artistico. La conferma arriva con questo recente “Strike The Tent”, registrato tra Ungheria e Transilvania con l’aiuto di musicisti locali, oltre che di collaboratori altolocati come – tra gli altri - il compositore Masik Janos, i fratelli Lippok dei To Rococo Rot e Pete Davis, già con Gwen Stefani e KT Tunstall. Tutta questa voglia di sperimentare non sempre giova e rischia di far girare la testa. La nostra Addie si salva perché il contesto è quello di una ricerca che tiene sempre conto della melodia come punto di partenza, per sviluppare sofisticati arrangiamenti ora dal sapore folk, ora dal taglio elettronico, per una musica che non è azzardato definire, in due parole, raffinata e seducente.
Guido Siliotto

A. Teodorani / Le Forbici di Manitù / E. Biancuzzi

A. Teodorani / Le Forbici di Manitù / E. Biancuzzi
“L’isola”
Snowdonia
Un racconto di Alda Teodorani, musicato da Le Forbici di Manitù e illustrato da Emanuela Biancuzzi: “L'isola” parla della fine di un rapporto sentimentale, il suo lento ma inesorabile disfacimento, con cupe atmosfere che ben si addicono alla morte di un amore, peraltro indagine sulla crisi della coppia. La scrittrice partecipa al gioco recitando accompagnata dalle musiche della band di Vittore Baroni e Manitù Rossi, coadiuvati dai due Offlaga Disco Pax Daniele Carretti ed Enrico Fontanelli. Il suono è dark-wave, con tanto di tributo a Rachmaninoff e ai Neon. Le illustrazioni realizzate da Emanuela Biancuzzi riescono nell'intento di assecondare l'indole horror dell'intero progetto. Un'operazione ambiziosa di Snowdonia, la sempre vivace etichetta discografica messinese, premiata anche in questa occasione dall'alto livello qualitativo del risultato.
Guido Siliotto

Josh Rouse

Josh Rouse
“El Turista”
Bedroom Classics
Classe 1972, Josh Rouse non è più semplicemente un altro cantautore che arriva dal Nebraska: i suoi viaggi lo hanno condotto ormai da tempo in Spagna, dove si è trasferito e ha cominciato a respirarne il profumo già qualche anno fa. Un’esperienza che ha dato i suoi frutti, un percorso che con questo “El Turista” arriva probabilmente a un punto di non ritorno. Del folk-rock degli esordi rimane ben poco nella musica di questo giramondo. Ormai conquistato dal pop più sofisticato, Josh confeziona un album delizioso, dove si mescolano atmosfere jazzate e easy listening di classe, rubando a piene mani dalla tradizione latina e prendendosi persino il lusso di cantare in spagnolo.
Guido Siliotto

Zazou / Eramo / Saletti

Hector Zazou / Barbara Eramo / Stefano Saletti
“Oriental Night Fever”
Materiali Sonori
Hector Zazou se n’è andato nel 2008, ma la sua musica resta. Ascoltarla, ora, è il modo migliore per ricordarlo. E, da poliedrico artista qual era, molti progetti magari solo abbozzati sono purtroppo rimasti a metà, c’è da crederci. Tra questi, eccone uno prendere magicamente vita discografica grazie all’etichetta toscana Materiali Sonori. Ideata dal produttore e musicista franco algerino con la complicità della cantante Barbara Eramo e del polistrumentista Stefano Saletti, “Oriental Night Fever” è, in poche parole, una rilettura in chiave world music di alcuni classici della disco degli anni '70. Un percorso che potrebbe apparire assurdo, un accostamento che si potrebbe giudicare inopportuno. Ma la sua genesi è stata la più naturale che si possa immaginare, da quel che dicono i protagonisti. “Come spesso accade, nacque per caso”, spiegano Eramo e Saletti. “Hector voleva fare un lavoro insieme a noi, all’inizio avevamo pensato a una rilettura in stile world di Mozart e Bach. Poi, frugando tra i cd, Zazou tirò fuori “Disco Inferno”, con il quale avevamo ballato a Capodanno. “Con percussioni, oud, bouzouki suoneremo la disco come se fosse world music!”, esclamò. Tornammo in studio e arrangiammo “I Feel Love”, di getto. Tutto è partito da lì”. Questo di Donna Summer è solo uno dei brani di una scaletta festosa e intrigante: "Y.M.C.A." dei Village People, "Night Fever" e "Stayin' Alive" dei Bee Gees, "You Make me Feel" di Sylvester, "Disco Inferno" dei Trammps, "I Will Survive" di Gloria Gaynor, "Heart of Glass" dei Blondie, "I Want your Love" degli Chic, "Ring my Bell" di Anita Ward. Un ascolto piacevolissimo, ma che sorprende soprattutto per gli esiti, una miscela esplosiva tra la nostra memoria musicale più inconfessabile e una nuova energia che arriva dalla tradizione mediterranea e orientale. Tra gli ospiti, il violinista Carlo Cossu, il musicista indiano di tabla Rashmi Bhatt, l’israeliano Eyal Sela ai fiati, la cantante Raffaela Siniscalchi e Marco Loddo al contrabbasso.
Guido Siliotto

Joe Gideon & The Shark

Joe Gideon & The Shark
“Harum Scarum”
Bronzerat
Quando sei a metà dell'ascolto del brano d'apertura, quello che dà il titolo all'album d'esordio di Joe Gideon & The Shark, te li immagini americani, non c'è verso. America sporca e malata, ovviamente. Nulla a che vedere col tè delle cinque. E invece sono londinesi. Poco male. E quando sei sulla strada della facile catalogazione, ti sfuggono di nuovo. No, non sono i nuovi White Stripes. No, anche se sono un duo, un uomo e una donna, fratello e sorella: si chiamano Joe e Viva (suonavano assieme già nei Bikini Atoll), lui suona la chitarra e lei la batteria, oltre a tutti gli altri strumenti che compaiono qua e là. È vero, qualche similitudine c'é: la gran parte delle canzoni di “Harum Scarum” parte dal blues, ma la coppia sa imporre la propria personalità. Molti anche i momenti rilassati, come la meditativa e suggestiva “Kathy Ray” e il trittico che chiude il cd, ma c’è spazio pure per la teatralità di “Hide & Sick”: tutte le canzoni sfociano in qualcosa che, in fondo, è un po' british – tanto che la voce cantilenante fa venire in mente Mark E. Smith dei Fall. La copertina li ritrae a bordo di una decapottabile, con tanti chilometri ancora da percorrere.
Guido Siliotto

Heike Has The Giggles

Heike Has The Giggles
“Sh!”
Kitano
Questi tre ragazzini, classe 1988, hanno scelto la ditta Heike Has The Giggles. Sarà il caso di memorizzarla, perché il loro esordio discografico, pubblicato dalla neonata etichetta Kitano, è di quelli che fanno drizzare le antenne. Il trio arriva da Solarolo, il paesino in provincia di Ravenna che ha dato i natali nientemeno che alla regina della canzone melodica italiana nel mondo, Laura Pausini. Ma, attenzione, nulla a che vedere. Da queste parti, infatti, è il rock'n'roll a spadroneggiare. C’è una voce femminile, che però si muove a proprio agio in un sound diretto, senza troppi fronzoli. Un giro di basso, un contagioso riff di chitarra, un ritornello: gli ingredienti sono i soliti, ma gestiti con capacità e intelligenza. Un curriculum lungo così (concerti di spalla a band blasonate e molte tappe nel circuito internazionale) la dice lunga anche sulle ambizioni dei nostri. Di sicuro, “Sh!” è uno degli esordi italiani più convincenti degli ultimi tempi e la prospettiva di veder crescere ancora questa band non è poi così astratta.
Guido Siliotto

Bob Dylan

Autori Vari
“Bob Dylan revisited”
Arcana, pp. 108, a colori, euro 28
Quante sono le facce di Bob Dylan? Difficile dare una risposta netta. Ci ha provato qualche tempo fa il regista Todd Haynes col suo “Io non sono qui”. E ci provano ora i curatori di questo magnifico volume, pubblicato in Italia da Arcana, che raccoglie tredici fumetti ispirati ad altrettante canzoni di Mr. Zimmerman. “Bob Dylan revisited” è come un'antologia, dove non mancano i brani più celebri, come “Blowin’ in the wind”, “Knockin' On Heaven's Door”, “Like a rolling stone” e “A hard rain’s a-gonna fall” - quest'ultima affidata all'italiano Lorenzo Mattotti. Ciascun artista ha scelto una prospettiva personale: seguire il testo, lasciarsi solo ispirare da esso, tentare strade inaspettate. Difficile dire quale sia stata l'opzione più giusta. Ciò che conta, per noi, è l'indiscutibile qualità del risultato.
Guido Siliotto

Eugene Chadbourne

Eugene Chadbourne
“Roll over Berlosconi”
Interbang
“Durante un tour italiano nel 2009 ero seduto al tavolino di un locale e pensavo che avrei dovuto scrivere una canzone di protesta per l’Italia. È partito un brano di Chuck Berry e dopo un quarto d'ora la canzone su Berlusconi era pronta”. Racconta così la genesi di “Roll over Berlosconi” (proprio così, col nome sbagliato) il buon Eugene Chadbourne, che, lontano anni luce dal politicamente corretto, rincara la dose: “Tuttavia quando scrissi il verso che gli si doveva fare una faccia a forma di pizza non avevo idea che qualcuno l’avrebbe fatto davvero lanciandogli una statuetta del duomo di Milano!”. Insomma, chi conosce le gesta di questo geniale musicista, sa cosa aspettarsi dal suo nuovo disco, pubblicato in vinile colorato (edizione limitata con poster autografato) dalla neonata etichetta italiana Interbang e pensato come raccolta di canzoni vecchie e nuove. Una miscela di folk, country e blues suonato e cantato con stile inconfondibile.
Guido Siliotto

R.U.N.I.

R.U.N.I.
“RrrrUuuuNnnnIiii”
Wallace
Sono rimasti in tre, questi “Resti umani non identificati”. In pista dal '94, sei album alle spalle, giungono al settimo con la verve dei ragazzini. Picchiano ancora più sodo, anzi, e urlano a squarciagola il proprio nome: “RrrrUuuuNnnnIiii”. Ci poteva stare pure un punto esclamativo: basta ascoltare l'incipit di questo nuovo lavoro, per immaginarsi tutto il sudore versato in sala di registrazione. Come al solito, con la band di Cernusco Sul Naviglio le chiacchiere stanno a zero: si tratta di una delle migliori formazioni italiane, peggio per chi non li ha mai visti dal vivo. Da un punto di vista musicale, cresce l'aggressività: il piglio si fa ancora più arcigno che in passato, la sezione ritmica martella che è un piacere, la chitarra sfida le tastiere. E i testi, come al solito, con le parole giuste al posto giusto, descrivono con ironia e un pizzico d'amarezza la condizione umana del non più giovanissimo “figlio della DC”.
Guido Siliotto

Strange Flowers

Strange Flowers
“Vagina Mother”
Go Down
Attiva dalla seconda metà degli anni ottanta, Strange Flowers è tra le più longeve realtà del panorama underground italiano, anche se di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e della formazione originaria è rimasto il solo Michele Marinò. Una delle principali caratteristiche del combo pisano è quella di fare riferimento agli anni sessanta: garage e psichedelia ne sono da sempre il principale punto di riferimento, il più naturale per un gruppo che è nato quando in Italia molti fra coloro che prendevano in mano una chitarra guardavano a tali sonorità. Tuttavia, ciò avviene con la chiara intenzione di restare ben piantati nel presente: i suoni sono perciò lontani dal revivalismo, puntando invece a una visione riveduta e corretta in chiave attuale di quelle atmosfere. Non fa eccezione il nuovo cd, prodotto dal giornalista Federico Guglielmi, tra i protagonisti – anche come discografico – degli anni ottanta del rock italico. Il quinto album del gruppo, “Vagina Mother”, presentato come un “concept al liquido amniotico”, presenta infatti una serie di brani che, con molte canzoni davvero riuscite, è la testimonianza di una band ancora con tante cose da dire.
Guido Siliotto

The Crazy Crazy World Of Mr. Rubik

The Crazy Crazy World Of Mr. Rubik
“Are You Crazy Or Crazy Crazy?”
Locomotiv
Dietro a The Crazy Crazy World of Mr. Rubik ci sono tre musicisti di varia estrazione, comunque con già una solida esperienza alle spalle (ex membri di Eveline, The Orange, Arabesque Trees) e un'etichetta che nasce dall'omonimo locale, il bolognese Locomotiv, tra i più noti e attivi in Italia. “Io vorrei ucciderlo il '68, vorrei ficcargli una pistola in gola”, cantano a un certo punto. “Volevamo colpire quella generazione che è venuta fuori dal '68” spiegano, “perché è passata da una sincera lotta per i diritti sociali alla riproposizione di stilemi che nulla ormai hanno a che vedere con l'identificazione ideologica di quel periodo”. Polemici al punto giusto, tanto da auspicare la violenza, sebbene soltanto come esortazione al pensiero critico, riversano tutta la loro rabbia nelle liriche, veri e propri flussi di coscienza, dove però non manca neppure l'indole ironica. La musica asseconda quest'enfasi, molto varia nello spaziare tra i generi, ma con radici blues, e la forza di colpire all'istante.
Guido Siliotto

Tony Face Bacciocchi

Antonio Tony Face Bacciocchi
“Mod Generations. Storia, musica, rabbia & stile”
NdA Press, pp. 160, euro 14,50
Un libro del genere, chi altri poteva scriverlo in Italia se non Tony Face Bacciocchi, uno dei grandi profeti mod nel nostro paese. Un’opera che si affianca alle altre già scritte sullo stesso tema, ma che ha il pregio di presentarci la storia dalla prospettiva di un autentico protagonista. Con un dettagliato excursus sulle principali vicende legate al fenomeno dagli anni sessanta in poi, compresi i dischi e gli artisti fondamentali, il testo scorre dando l’impressione di essere accompagnati da Tony Face tra i suoi ricordi, fino a frugare nella sua collezione di vinili e, perché no, nel suo guardaroba. Preziosa l’appendice dedicata all’esperienza tricolore. Tutto per dimostrare, come dice Roger Daltrey, che “il mod non può essere definito una moda: il mod è un’attitudine”.
Guido Siliotto