martedì 28 febbraio 2012

Calibro 35

Un titolo bianco su sfondo nero: "Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale". Si chiama così il terzo album in studio dei Calibro 35, con il quale la band è tornata sul luogo del delitto: dieci pezzi nuovi, tra cui due cover (Ennio Morricone e Piero Piccioni) per questa formazione unica per la capacità di attualizzare il tipico suono delle colonne sonore del nostro cinema poliziottesco degli anni settanta. Un disco registrato a Brooklyn in soli cinque giorni, dotato di una grande carica, tra psichedelia, funk e indovinati inserti melodici. "L'idea del titolo del cd ci è venuta guardando il capolavoro di Elio Petri "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" ed è perfetto per descrivere il disco nuovo", spiega Tommaso Colliva, produttore ed ideatore del progetto. "Durante le registrazioni a NewYork ci siamo immaginati storie, atmosfere e situazioni che sarebbero potute accadere solo nella Grande Mela e poi abbiamo cercato di descriverle con la musica, come se si trattasse di un film".
Rispetto ai dischi precedenti, dove reinterpretavate brani più o meno celebri, ora quasi tutti i brani sono composti da voi. Vi siete dunque appropriati di quel linguaggio musicale.
Comporre musica nuova è molto stimolante, ma ci piace anche mischiare vecchio e nuovo, originale ed edito. Se poi ci si confronta con maestri come Piccioni, Umiliani, Morricone e Bacalov direi che si è in buona compagnia. Ovviamente ora abbiamo cinque anni di storia come gruppo, per cui viene anche molto più facile sviluppare insieme idee e spunti musicali.
Com'è nato questo nuovo cd?
La realizzazione di questo disco è stata, sinceramente, un po' un azzardo. Abbiamo deciso di chiuderci in studio a New York per cinque giorni e sapevamo che dovevamo uscirne con un disco. Non volevamo perdere la freschezza che guadagni quando hai tempi forzati, ma non avevamo molto chiaro quello che sarebbe potuto succedere. Abbiamo selezionato un po' di idee prima di entrare in studio: riff, temi, ritmi e via dicendo, ma credo che onestamente nessuno di noi si sarebbe mai immaginato che saremmo riusciti a fare tutto questo.
Il pezzo nasce sempre dall'improvvisazione?
Dipende. Alcuni brani nascono più di getto, altri invece sono costruiti a partire da idee più strutturate che ognuno di noi può portare. In questo disco, ad esempio, "Uh Ah Brr", "Il Pacco" e "La banda del BBQ" nascono dal plettro di Massimo Martellotta, "Arrivederci e Grazie" è invece un'idea del bassista Luca Cavina, mentre "Pioggia e cemento" è stata strutturata da Enrico Gabrielli. Poi ogni brano viene ampiamente rielaborato con il contributo di tutti, altrimenti il divertimento dove va a finire?
State avendo buoni consensi anche all'estero.
È vero, ma c'è ancora tanto lavoro da fare. L'Europa è molto difficile da approcciare, ci sono tante nazioni, ognuna con le sue peculiarità, mentre gli Stati Uniti sono geograficamente molto lontani e riusciamo ad andarci molto meno di quanto vorremmo. Per ora ci concentreremo sull'Italia, suoneremo un po' nel vecchio continente in primavera, mentre gli States dovranno aspettare l'autunno.
Guido Siliotto

lunedì 13 febbraio 2012

Bugo

Di questi tempi che musica stai ascoltando?
Uno dei miei album preferiti del momento è l'ottimo “Velociraptor!” dei Kasabian. In realtà non sono un ascoltatore poi così vorace, dipende un po' dalle circostanze, se c'è qualcosa che attira la mia attenzione. Il più delle volte mi faccio guidare dal caso. Non riservo invece grosso credito alle recensioni, che comunque non mi vincolano mai nelle mie scelte.
Quale formato preferisci?
Non faccio nessuna differenza tra cd e vinile, se è questo che intendi. A me interessa la musica, le canzoni, non tanto il supporto. Ad ogni modo, ormai la musica che ascolto è tutta nell'hard disk del mio computer.
Meglio le novità o i classici?
Anche qui, dipende. Mi piace sia seguire le novità che riscoprire vecchi dischi.
Ma se dovessi scegliere un disco da portare su un'isola deserta, quale sceglieresti?
Senz'altro una bella compilation di rock'n'roll anni cinquanta.
E nella sala d'aspetto del dentista?
Oh, lì va bene quello che mettono normalmente. Un po' di musica classica.
Guido Siliotto

giovedì 9 febbraio 2012

Leonard Cohen

Leonard Cohen
“Old Ideas”
Sony
Il ritorno sulle scene di qualche anno fa, motivato da un tracollo finanziario per il quale dobbiamo ringraziare – si fa per dire – il suo commercialista, ha dato nuova linfa all'ispirazione di Leonard Cohen e “Old Ideas”, il suo album numero tredici (se non contiamo quelli dal vivo) ne è il tanto atteso frutto, otto anni dopo il precedente “Dear Heather”. Avvistato per ben due volte dal vivo in Toscana - nel 2008 a Lucca per il Summer Festival e nel 2010 in Piazza Santa Croce a Firenze -, il cantautore canadese è apparso in ottima forma, nonostante la veneranda età che ormai volge verso i 78 anni. Del resto stiamo parlando dell'artista pop col maggior numero di capolavori in repertorio: si perdoni la faziosità, ma questo è il livello dell'opera di Leonard Cohen, senza considerare poesie e romanzi. Non contano dunque i riconoscimenti di una lunga carriera, i fan che lo adorano e gli artisti che fanno la fila per ammettere quanto sia stato importante per loro, giacché questo disco, che riconoscimenti ancora non ne ha ricevuti e quindi il presente, non solo il passato, conferma in maniera eclatante la statura di questo artista immenso. Una recensione, di fronte a siffatto gigante, è davvero poca cosa. Può essere utile per indirizzare all'acquisto, non certo per dare un giudizio. E allora, sia chiaro che tornano qui, come sempre, i temi cari alla sua poetica: spiritualità e passione terrena. C'è stavolta anche un comprensibile sguardo insistito nei confronti della morte, ma sereno. Eppure tutto rimane sempre difficile da interpretare fino in fondo, le facce di un diamante talmente sfaccettato da accecare un qualsiasi osservatore. Basti ricordare che l'ultima biografia uscita in Italia, quella di Ira B. Nadel, si chiama “Una vita di Leonard Cohen”: perchè sarebbe velleitario fornire un'unica interpretazione del suo genio poetico. E di questi fenomeni ne capitano pochi: come lui Bob Dylan, Piero Ciampi e pochi, pochissimi altri. Certo, questo è pur sempre un disco di canzoni: belle, malinconiche, soffuse, perse tra blues fumosi e nel contrasto tra la voce di Cohen ed eteree voci femminili. Potremmo soffermarci a tessere le lodi di questo o quel brano, profetizzandone magari la statura di futuro classico, e sottolineare la bravura dei musicisti che lo accompagnano con maestria e discrezione, e invece ci limitiamo stavolta a restare incantati da quella voce, calda, segnata da tanti amori e tante sigarette e da una vicenda artistica unica e irripetibile.

Guido Siliotto