lunedì 28 febbraio 2011

Manuele Fior

Manuele Fior
“Cinquemila chilometri al secondo”
Coconino Press / Fandango, pp. 144 a colori, euro 17
Ha recentemente conquistato il primo premio al prestigioso festival francese di Angouleme come “Miglior fumetto dell'anno” (ancora un italiano dopo Hugo Pratt, Milo Manara, Attilio Micheluzzi, Vittorio Giardino e Gipi). “Cinquemila km al secondo”, graphic novel di Manuele Fior, è una travagliata storia d'amore, quella di Lucia e Piero, i quali, dopo la rottura della relazione, vanno via dall'Italia, lei in Norvegia, dove incontra un altro uomo che la farà diventare madre e lui al Cairo, dove lavora come archeologo. Ma nessuno dei due dimentica, fino all'inevitabile ritorno, ma l'incontro è amaro. Fior è sicuramente un autore con la A maiuscola: classe 1975, architetto, collabora con numerose riviste e ha già ottenuto svariati riconoscimenti in Italia e all'estero. E anche lui, come i personaggi del suo libro, non sta in Italia: dopo alcuni anni a Berlino, ha deciso di vivere a Parigi. Un'opera di altissimo livello qualitativo, per la delicatezza dei temi trattati e per lo stile davvero personale, sia nel tratto che nell'uso magistrale dell'acquerello.
Guido Siliotto

Azure Ray

Azure Ray
"Drawing Down the Moon"
Saddle Creek
E' stata una delle band di punta del dream-pop del decennio scorso. Sono tornate recentemente in pista le Azure Ray con un nuovo album, ‘Drawing Down the Moon’, dopo un lungo periodo di pausa. Il tempo non sembra essere trascorso per Maria Taylor e Orenda Fink, visto che anche all'ascolto di queste nuove canzoni rimane intatto il gusto per la miscela tra pop, folk ed elettronica, con tanta delicatezza nei toni e nei modi. Sonorità che non guardano tanto al presente, quanto a una cifra stilistica che rimane pressoché intatta. Insomma, un lido sicuro per i fan, che non sono pochi per questo duo che comunque rimane oggetto di culto, ma, non dimentichiamolo, oltre alle collaborazioni con Bright Eyes, ha avuto anche gli onori delle cronache quando si trovò alla corte di Moby, per cui firmò la canzone “Great Escape” contenuta in “18”. Insomma, un gradito ritorno al passato per Maria e Orenda, le cui rispettive carriere da solista non sono mai davvero decollate.
Guido Siliotto

Mondongo

Mondongo
“Transparent Skin”
Megaplomb
Hanno scelto di chiamarsi come una zuppa tradizionale sudamericana, il che la dice lunga sulle intenzioni dei quattro musicisti accomunati dalla ditta Mondongo (anche perchè tale pietanza comprende trippa, radici e zampa di maiale!). A guidarli, il batterista canadese André Michel Arraiz-Rivas, che ha composto tutti i brani presenti sul disco, già avvistato ai tamburi con due cult-band in ambito rock italiano come Quasiviri e Ronin. Con lui ci sono Piero Bittolo Bon (sassofono contralto), già coinvolto nel collettivo El Gallo Rojo, Francesco Bigoni (sassofono tenore) e Giacomo Papetti (basso elettrico). La musica di “Transparent Skin” è, in effetti, una miscela che trova nel jazz il suo ingrediente principale, insaporito però da una sezione ritmica che volentieri si avventura in lidi funk, mentre i due sassofoni qua si sfidano e là dialogano, con risultati davvero convincenti. Un disco che rappacifica con la musica chi magari è stanco di eccessi sperimentali, ma che sa nel contempo intrigare anche chi non si accontenta della solita solfa.
Guido Siliotto

domenica 27 febbraio 2011

Bastien Vivès

Bastien Vivès
“Nei miei occhi”
Black Velvet, pp. 136, a colori, euro 18
Torna Bastien Vivès, uno dei migliori esponenti del nuovo fumetto francese, con uno straordinario graphic novel che non mancherà di dargli ancora maggiore visibilità anche presso i lettori italiani dopo l'acclamato “Il gusto del cloro”, pubblicati entrambi da Black Velvet. Anche stavolta si tratta di una storia d'amore con tutti i crismi: l'incontro casuale in biblioteca, il cinema, la festa, il primo bacio, il sesso. Ma, oltre ad avere un finale inatteso e tutto da decifrare, forse attraverso alcuni indizi disseminati lungo il racconto, ciò che rende unica la narrazione è la prospettiva, giacchè tutto è visto attraverso gli occhi del protagonista maschile, una visuale che però si confonde continuamente con quella del lettore. Vivès riesce con maestria a tenere desta l'attenzione, creando anche una particolare tensione che spinge a divorare le pagine. Da un punto di vista stilistico, “Nei miei occhi” è un vero gioiello: il tratto è sicuro ed espressivo, l'uso del colore impeccabile, con uno stile che sa assecondare le varie fasi del percorso narrativo. Ancora un capolavoro per un talento ormai indiscutibile.
Guido Siliotto

Luciano Maggiore & Francesco fuzz Brasini

Luciano Maggiore & Francesco fuzz Brasini
“Chàsm Achanés”
Boring Machines
Arrivano dalla fertile Bologna per un progetto denominato Chàsm Achanés. Tutto ruota intorno ad una certa idea di sperimentazione piuttosto radicale: Luciano Maggiore e Francesco Brasini si sono incontrati in studio di registrazione e in un'unica sessione hanno tirato fuori questo disco all'insegna della più ostica drone music, realizzata attraverso l'uso di nastri e dispositivi elettronici (Maggiore) e chitarre elettriche autocostruite (Brasini), con l'aiuto di Mattia Dallara al mixer. L'opera è, dichiaratamente, una meditazione sullo scorrere del tempo attraverso la ripetizione in chiave minimalista. Piccoli dettagli e variazioni a tratti quasi impercettibili confondono l'incedere inesorabile della composizione. Nessuno dei due musicisti coinvolti è un pivello, entrambi hanno alle spalle varie esperienze musicali e non solo (Luciano Maggiore è anche un film-maker). Naturalmente l'ascolto richiede un'attenzione particolare e il sottotitolo “Huge Abyss” basta a suggerire che non si tratta di un passatempo. Un plauso a Boring Machines, ancora e sempre “in difesa della musica noiosa”.
Guido Siliotto

Thee S.T.P.

Thee S.T.P.
“Success Through Propaganda”
Ghoul
Sono ormai un'istituzione del rock italiano Thee S.T.P.. La formazione vicentina, nata nel '95, arrivata all'ottavo capitolo discografico, a due anni di distanza da “Paradise & Saints”, ha condiviso il palco con nomi del calibro di New York Dolls, Hives, Velvet Revolver e Rancid e i riconoscimenti sono arrivati anche a livello internazionale. Non hanno mai fatto mistero di avere soprattuto l'obiettivo di realizzare canzoni capaci di sprizzare rock'n'roll da ogni poro: energiche ed energizzanti, potenti al punto giusto, capaci di guardare ai maestri del passato senza quindi rinnegare la tradizione, ma con quel pizzico di personalità che non guasta. Sempre capitanata dall'inossidabile cantante Il Metius, la band propone ora “Success through propaganda”, disco prodotto con Olly (ex Shandon), quattordici brani secondo il proprio classico stile, concedendosi però qua e là qualche momento più melodico, anche se il meglio lo troviamo quando il quintetto non pigia sul freno.
Guido Siliotto

lunedì 7 febbraio 2011

Daniel Clowes

Daniel Clowes
“Wilson”
Coconino Press, pp. 88, a colori, euro 17,50
Dopo la morte del padre, Wilson decide di andare a cercare l'ex-moglie. Scopre però di avere anche una figlia e finalmente ha davanti a sé la possibilità di ricreare una famiglia, ma l'esito non è così scontato. Nuovo capolavoro firmato da Daniel Clowes, l'acclamato autore di opere come “Ice Haven” e “Come un guanto di velluto forgiato nel ferro”, ma soprattutto il celebre “Ghost World”, dal quale fu tratto l'omonimo film sceneggiato dallo stesso Clowes. L'artista di Chicago ci offre stavolta il ritratto spietato di un uomo irrimediabilmente solo, una commedia umana amara e senza sbocchi. Ma lo fa con quel pizzico di ironia e sarcasmo che sono un valore aggiunto al suo stile, sempre vagamente surreale. Il tratto è quello che lo ha reso uno degli autori più celebrati degli ultimi anni, all'apparenza rassicurante, capace però di creare atmosfere inquietanti nella loro tragica normalità. Da segnalare che “Wilson” è il suo primo lavoro pensato e realizzato direttamente su un unico volume, mentre tutti gli altri erano in precedenza apparsi a puntate sulla rivista “Eightball”.
Guido Siliotto

Posy Simmonds

Posy Simmonds
“Tamara Drewe”
Nottetempo, pp. 136, colori, euro 18
Il regista Stephen Frears, dopo essersi appassionato alle vicende di Tamara Drewe uscite a puntate tra il 2005 e il 2006 sul quotidiano inglese The Guardian per la matita di Posy Simmonds, che liberamente si è ispirata a un romanzo di Thomas Hardy (“Via dalla pazza folla”), ha deciso di lasciarsi coinvolgere dalla sceneggiatura di Moira Buffini e ne ha tratto uno dei suoi film di maggiore successo, in questi giorni nelle sale italiane. Una commedia arguta e intelligente, che è venuta fuori senza neppure tradire troppo i toni della graphic novel. Quando la giovane giornalista Tamara Drewe torna da Londra al paese natale, ora che il brutto anatroccolo è diventato cigno getta scompiglio nella quieta atmosfera di campagna e nel ritrovo per scrittori gestito da un giallista di successo e sua moglie. Ne seguirà una serie di vicissitudini e intrighi amorosi con sviluppi da black comedy. Che si sia visto o meno il film, la lettura è comunque davvero consigliata.
Guido Siliotto

Walter Chendi

Walter Chendi
“La porta di Sion”
BD, pp. 112, euro 12
E' Trieste alla fine degli anni Trenta il luogo dove si svolgono le vicende raccontate ne “La porta di Sion”, la nuova graphic novel firmata da Walter Chendi, dedicata ad una delle buie pagine della storia d'Italia. Tutto accade nella città scelta da Mussolini per annunciare l’inasprimento delle leggi razziali dopo un discorso che scuote una delle comunità ebraiche più numerose del nostro paese, il luogo che così diventerà inevitabilmente una via di fuga per gli ebrei, che da lì si imbarcheranno per fuggire verso la Palestina e raggiungere, dunque, la salvezza. La metafora di “sentirsi senza scarpe” è il filo conduttore delle vicende del giovane protagonista, che cerca faticosamente di vivere la sua storia d'amore mentre la follia razzista dilaga. Con toni pacati e tratto sicuro, Chendi – triestino di nascita, classe 1950 - ci accompagna senza mai calcare troppo la mano, lasciando al centro della narrazione la quotidianità di un periodo così triste con le gioie e i dolori di un ragazzo che si avvia a diventare adulto.
Guido Siliotto

Tupolev

Tupolev
“Towers Of Sparks”
Valeot
Fa sempre piacere incrociare artisti che non provengono dalle solite lande, specialmente Stati Uniti o Regno Unito, ma che ci consentono di apprezzare lo stato di salute di scene musicali magari molto vicine a noi, eppure spesso sottovalutate o, peggio, ignorate. Cosa dire allora di questi Tupolev, quattro musicisti di base a Vienna, che propongono con questo loro secondo album, che segue il debutto “Memories Of Bjorn Bolssen” di tre anni fa, un'opera davvero intrigante. Innamorati di certe sonorità d'avanguardia e alla ricerca di soluzioni sonore non scontate, i Tupolev si muovono in territori ostici anche se, per loro stessa ammissione, hanno deciso di non seguire il percorso già intrapreso nel debutto, preferendo inseguire una maggiore concretezza nella struttura dei brani. L'incontro fra jazz e rock è foriero di buone sensazioni e il disco, che va comunque ascoltato con attenzione, ricco di idee e sfumature, riesce sempre a tenersi su alti livelli.
Guido Siliotto

L’Enfance Rouge

L’Enfance Rouge
“Bar-Bari”
Wallace
Continua il viaggio de L'Enfance Rouge. Si perdoni la retorica, ma di viaggio si deve parlare, non solo perché, come tutti gli altri album della band, anche questo porta come titolo un possibile itinerario, punto di partenza una città pugliese, con l'arrivo verso il Montenegro, ma anche perchè proprio il viaggio è da sempre l'ispirazione principale per il trio, un percorso geografico che è pure musicale, sempre alla ricerca di nuove sonorità, oltre che esistenziale. Dopo quella meraviglia che fu “Trapani – Halq Al Waady”, disco dalla bellezza quasi sorprendente nella capacità di mescolare rock e musica di stampo mediterraneo, stavolta la musica di François R. Cambuzat (voce, chitarra), Chiara Locardi (voce, basso) e Jacopo Andreini (batteria, ottoni) – oltre l’amico Bertrand Cantat (Noir Désir), invitato a suonare sul brano “Vengadores” - si fa più diretta. Sempre pulsante ed energico, il suono è coinvolgente e senza compromessi, per un disco che segue con coerenza quel percorso anche fortemente politico intrapreso dal lontano 1993.
Guido Siliotto

Pop. 1280

Pop. 1280
“The Grid”
Sacred Bones
Prendono il nome da una novella della scrittore Jim Thompson ed esordiscono con questo mini-album di sei brani dopo alcuni 45 giri e uno split in compagnia degli Hot Guts. I Pop. 1280 (dove “pop” sta per “population”) arrivano dritti dritti da New York City e si vantano di essere una band cyberpunk. Definizione un po' fuori luogo: in realtà Chris Bug, Ivan Lip, John Skultrane e Andrew S., assieme da un paio d'anni, non sono altro che un altro quartetto che fa del sano rock'n'roll. Brutti sporchi e cattivi, si direbbe dal sound, che è appunto diretto, senza fronzoli, ruvido quanto mai, tra chitarre scordate e sintetizzatori scalcinati, il tutto registrato negli scantinati di una scuola cattolica abbandonata. Eredi della migliore tradizione di molestatori del rock, gente come Chrome Cranks e Pussy Galore, sono un'altra scommessa per il futuro. Non fanno niente di nuovo, ma lo fanno benissimo. E poi “Step Into The Grid”, il brano che apre il disco, è davvero irresistibile. Provare per credere su myspace.com/population1280.
Guido Siliotto

Aspec(t)

Aspec(t)
“Waspnest”
Toxo / Viande / Fratto9 Under The Sky
Napoli fucina di talenti per l'underground italiano. Proprio da lì arrivano questi Aspec(t), duo formato dal terrorista elettronico SEC_ e dal sassofonista Mario Gabola (già membro dei concittadini A Spirale). Se il primo si divide tra computer e strumentazione analogica, il secondo si diverte a martoriare il proprio strumento, dal quale tira fuori lancinanti feedback attraverso un sistema di tamburi in risonanza e piccoli altoparlanti. La musica firmata Aspec(t) è, in una parola, sperimentale, animata da una ricerca continua nell'ambito dell'improvvisazione elettroacustica, con risultati sempre intriganti, anche quando sfocia nel noise puro. Grumi sonori, spasmi ritmici e persino una voce, impegnata in suoni gutturali primitivi. Il tutto, però, con un'identità precisa, così da dare l'impressione di essere di fronte a un progetto che può davvero dire la propria anche in un contesto internazionale.
Guido Siliotto

David Prudhomme

David Prudhomme
“Rebetiko”
Coconino Press / Fandango, pp. 104 a colori, euro 17
“Da quando ho scoperto il rebetiko sono rimasto avvinto dall'universo e dallo spirito libertario di questa musica”. David Prudhomme, che non è greco né musicista, spiega così la genesi di questa graphic novel dedicata più che a un genere musicale, alla sua forza dirompente, capace di spezzare catene e mettere in discussione anche il più ottuso e violento dei regimi. Quando, alla fine degli anni Trenta, in Grecia si afferma la dittatura militare, il rebetiko – che laggiù è un po' come il tango in Argentina, per intenderci - viene vietato e i musicisti perseguitati come delinquenti. La storia è quella di alcuni di loro, che vagano per la città sempre armati di bouzouki, tra donne, alcol e hashish. Prudhomme dimostra qui tutta la propria grandezza. Straordinario il tratto dell'artista francese, ma ancor più l'uso del colore, che restituisce con maestria sia le atmosfere dei fumosi locali, quanto il sole splendente tra le rovine di un'antica civiltà, una volta, tanto tempo fa, patria della democrazia.
Guido Siliotto