venerdì 29 maggio 2009

Metùo

La musica firmata Metùo seduce al primo ascolto. Provate ad ascoltare anche solo una volta il cd “Toyshop” - pubblicato dall'etichetta fiorentina Black Candy - e non potrete più farne a meno. Un ottimo esempio di elettronica al femminile, un progetto dietro al quale si cela, oltre al produttore Tommaso Bianchi, la giovane Giorgia Angiuli.
Come nasce Metùo?
Dal desiderio di nutrirsi di sinestesie (syn: “insieme” e aisthánestai: “percepire”), di fondere quindi differenti linguaggi artistici, senza confini, “confusionando” la fusione, perdendosi tra suoni, immagini, odori: il tutto all’insegna di un incrocio dinamico tra l’interesse per tecnologie innovative e la passione per vecchi e piccoli oggetti. Metùo è una voce ripresa da un verbo greco-antico che reca in sé più valenze semantiche, tutte intense: esser fuori di sè, sentirsi pieni d’ebbrezza e sapersi pieni d’amore, tre qualità con cui andare alla scoperta di orizzonti esperenziali inesplorati e inediti. Oggi Metùo poggia sulla presenza costante di Giorgia Angiuli e Tommaso Bianchi, che si avvalgono di diversi collaboratori.
Parlami di te.
Sono una fanciulla pugliese, amante di muretti a secco e gialle spighe di grano, collezionista di essenze profumate e vintage toys; sono cresciuta studiando chitarra classica e leggendo poesia, poi ho praticato per un po’ il death metal e oggi mi sento attraversata da un’energia forte e vivace, mista a una curiosità quasi morbosa che mi porta a sperimentare e cercare attraverso l’arte una via di salvezza e di fuga onirica: “we don’t need to be perfect to do some good”. Sto per laurearmi in Organizzazione di eventi ecosostenibili e la penso come il sociologo olandese Hans Dieleman, che definisce gli artisti come «change agents in sustainability». Insomma credo che le espressioni artistiche abbiano la capacità di “emozionalizzare” messaggi razionali e di politicizzare le emozioni in quanto vettori di una forza innovativa e visionaria forse più alta della politica o della scienza.
Com'è nata la musica di "Toyshop"?
"Toyshop" è un’esperienza multisensoriale nata a seguito di un casuale incontro, avvenuto attraverso un social network, tra me e Amelie Labarthe, una designer tessile parigina specializzata nella creazione di bambole. Il nostro primo appuntamento non virtuale avviene a Firenze nell’agosto del 2007. Nella splendida culla rinascimentale le due fanciulle cominciano a girovagare per negozi di giocattoli, mercatini vintage di ogni genere, con una frenesia infantile e gioiosa. Dopo lunghe passeggiate si ritrovano dinanzi ad un laptop bianco, in una stanza delirante di suggestioni, con un diffusore di aromi che emana cacao e vaniglia, circondate da giocattoli di ogni sorta. In soli sette giorni, le due amiche producono due bambole rosa in pezza e partoriscono, in modo selvaggio casuale istintivo, innumerevoli atmosfere sonore, scrivendo testi sulle loro limpide e non indotte “visioni”. Dopo pochi giorni, ogni singolo suono raggiunge il maturo ascolto di Tommaso Bianchi e il tutto pian piano comincia a prendere una sua necessaria forma: nasce così "Toyshop", pubblicato dall'etichetta fiorentina Black Candy, che diventa un disco con dieci tracce. Inoltre, grazie al preziosissimo supporto di Raggio Verde, non abbiamo ucciso alcun alberello, realizzando uno speciale packaging in carta di canapa.
Com’è il tuo approccio alla composizione?
Allucinato, istintivo e olfattivo, con le melodie in primo piano. Ci sono intrecci visionari che bussano alle tempie finché le dita stesse non mi conducono dentro il reame degli occhi chiusi. Sono solita immaginarmi come una scardinatrice di note, creatrice di amtosfere e non musicista, forse più una musicante o semplicemente un’innamorata di sogni musicali. C’è molta varietà da un punto di vista musicale.
Era tua intenzione, pur muovendoti nel pop, comunque abbracciare diversi stati d'animo?
Ma – guarda – il disco è nato davvero in modo rapido/rapidissimo e senza una consapevolezza progettuale. Io, una ragazzetta inquieta e vulcanica, ho avuto la fortuna di incontrare Tommaso Bianchi, grazie al quale le mie intuizioni caotiche e a tratti informi hanno acquistato una certa coerenza, anche se tuttora, per la verità, non so quale e dove sia. Per me creare espressioni o esprimere creazioni è una necessità primaria, un bisogno inalienabile e quasi compulsivo, che poi s’incammina verso un orizzonte progettuale.
Ho l’impressione che alcune canzoni si presterebbero a dei remix per renderle più ballabili. È una cosa che avverrà e comunque ti può interessare?
Mi interessa moltissimo questa prospettiva, poiché sarebbe un modo per confrontarmi con altre persone, e trovo davvero stimolante immaginare che qualcuno possa vivere i miei brani, ri-creandoli grazie al proprio coinvolgimento emotivo.
Com’è un concerto di Metùo?
Imprevedibile, fatto di sorprese capaci di chiamare in gioco la gente, invischiandola in una trama plurisensoriale e spontanea, persino liberatoria. in uno dei miei live più recenti, per esempio, ho portato con me una rossa macchina per lo zucchero filato, e tra un pezzo e l’altro ho mangiato quella bianca soffice dolce sostanza! Nei nostri futuri concerti, grazie all’aiuto di un live media artist, Leonardo Betti, suoneremo le foglie di alcune piante e grazie a dei sensori useremo il vento come un vero e proprio strumento e ci esibiremo su una bicicletta produttrice di energia alternativa. In definitiva, queste nostre esibizioni non vogliono essere installazioni fini a se stesse, ma si prefiggono di simbolizzare un modulo esistenziale che aiuti a stare bene con gli altri dopo essersi avvicinati a se stessi.
Guido Siliotto

Gaznevada

Gaznevada, “Mamma dammi la benza!”, Shake
Bologna post '77 è una fucina di talenti. Sul versante musicale, i Gaznevada rivestono un ruolo di primo piano, dimostrando poi col tempo di rappresentare uno dei migliori esempi di rock italiano in assoluto, con dischi che sono ormai delle pietre miliari della new wave tricolore come “Sick Soundtrack” e “Dressed To Kill”. Ma, prima ancora, il gruppo aveva pubblicato per la Harpo's di Oderso Rubini una cassetta che non era passata inosservata e che però si muoveva su territori puramente punk. Eccola su cd: "Mamma dammi la benza!" è la testimonianza di quel periodo, con canzoni fulminanti, aggressive e testi che, più che ironici, erano soprattutto sarcastici. Seguirà un'evoluzione nello stile, non solo musicale, una maggiore consapevolezza, ma in qualche modo verrà meno un po' di quella forza d'urto primigenia. Nel cd c'è anche il video di “Telepornovisione”, ma il progetto realizzato dalla casa editrice milanese Shake contiene anche un gustoso libro di 64 pagine, curato proprio da Oderso Rubini, con foto, testi delle canzoni e discografia completa, più un estratto del racconto “History & Hysteria” di Gianluca Galliani, alias Nico Gamma.
Guido Siliotto

VipCancro

VipCancro, “Xax”, Lisca
Difficile definire il contenuto di “Xax”, primo album dei VipCancro, uscito soltanto in vinile per la neonata etichetta Lisca Records. Il quartetto di Pietrasanta (Andrea Borghi al basso, Filippo Ciavoli Cortelli alle percussioni e ai nastri, Alberto Picchi all'elettronica e Nicola Quiriconi alla voce) si muove su territori dominati dall'elettronica, ma evidentemente ama tenere lontana la tentazione di percorsi già ampiamente battuti, lasciandosi peraltro suggestionare da atmosfere cupe, ma per nulla scontate. Ci ha fatto venire in mente Eraserhead questo disco, il bianco della copertina e il nero del vinile, una sorta di incubo atipico e criptico, per nulla rassicurante, per nulla catartico, ma teso e inquietante. Suoni evocativi, realizzati attraverso un sapiente uso dei drones e del feedback, percussioni solo accennate, la voce carpita in lontananza in urla strozzate da sacrificio umano. Ambient-industrial, ecco un possibile inquadramento, e chi ama il genere non si lasci sfuggire l'occasione, ma faccia presto, perché il disco è uscito in sole 150 copie (www.myspace.com/liscarecords).
Guido Siliotto

martedì 19 maggio 2009

Comfort

Comfort, “Sleep Talking Shared”, Off
Esce per l'etichetta belga Off il nuovo album dei pisani Comfort, il seguito dell'acclamato “Eclipse”, ormai vecchio di due anni. Un periodo che è servito all'ensemble per affinare le armi, esercitarsi in terreni limitrofi, prendere maggiore coscienza delle proprie potenzialità e servire un piatto ancora più ricco che in passato. Da un punto di vista creativo, sembra essere cambiato l’approccio e dalle tessiture articolate di “Eclipse” ora le strutture sono più lineari, come già dimostra il brano introduttivo, una coinvolgente cavalcata post-rock. All'interno di siffatto schema, in alcune tracce è l'improvvisazione in chiave jazz, da sempre uno degli elementi distintivi dei Comfort, a contribuire in modo determinante a creare la giusta dose di emozionalità. Altrove, è l'elettronica a dominare la scena, stavolta presente addirittura in misura più significativa che in passato, il che rende tutto ancora più dinamico e dimostra la capacità del gruppo di saper articolare in maniera sopraffina le proprie composizioni, non solo in sede di arrangiamenti. Il risultato è un disco che, per la ricchezza dei contenuti, merita la promozione a pieni voti e la band si conferma come una grande realtà.
Guido Siliotto

Lenoci/Magliocchi/Zingaro

Lenoci/Magliocchi/Zingaro, “Serendipity”, Amirani
E' la sensazione che si prova quando si scopre una cosa non cercata e imprevista mentre se ne sta cercando un'altra. Questa è “serendipity” ed è facile capire il perchè di siffatto titolo per un disco di musica totalmente improvvisata. Questa nuova uscita targata Amirani Records documenta una performance registrata dal vivo in quel di Bari nel giugno del 2007, durante una delle serate del jazz festival presso la Chiesa Vallisa, e vede protagonisti tre nomi di indiscutibile bravura come Gianni Lenoci, Carlos Zingaro e Marcello Magliocchi. I tre musicisti maneggiano con perizia gli strumenti a propria disposizione: il piano (preparato e no) di Lenoci, che sa essere qua classico e là sperimentale, ma sempre avvincente; le percussioni creative di Magliocchi; un instancabile violino per Zingaro. Cercano chissà cosa, fino a trovare le giuste strade per lo stupore di un forse inatteso incontro. La musica del cd si muove in perfetto equilibrio verso le alte vette della libertà espressiva per un'opera di grande suggestione, una delle più intriganti pubblicate da questa etichetta che non smette di stupire.
Guido Siliotto

giovedì 14 maggio 2009

Bellini

Bellini, “The Precious Prize of Gravity”, Temporary Residence
Eccola sempre in pista la coppia più bella del mondo rock, Giovanna Cacciola e Agostino Tilotta. Dopo aver rinverdito i fasti degli inossidabili Uzeda, il loro nuovo ritorno discografico è targato Bellini, la band messa su con gli amici Matthew Taylor al basso e Alexis Fleisig (ex Girls Against Boys) alla batteria. Li aspettavamo da quattro anni e finalmente ecco “The Precious Prize of Gravity”. All'appello non manca neppure Steve Albini, collaboratore di vecchia data, anche stavolta dietro al mixer. Il risultato è di quelli che non possono certo deludere gli appassionati di noise-rock. Tutti gli ingredienti sono al loro posto: la chitarra tagliente di Agostino, la voce aggressiva e fortemente emozionale di Giovanna, la implacabile sezione ritmica che non perdona. La qualità delle canzoni tiene ben lontano il rischio di una nostalgica rimpatriata e il baratro della routine (con 25 anni di carriera alle spalle non ci sarebbe neppure niente di male, a dire il vero) viene abilmente evitato. Forse un gradino al di sotto del precedente capolavoro “Small Stones”, comunque ancora un segnale di grande vitalità.
Guido Siliotto

X-Mary

X-Mary, “Tutto Bano”, Tafuzzy / Wallace / Trovarobato / Smartz / Escape from Today / Mastro Titta/ Lemming / Rebel Kid / Noiseville / NoFi / Untouchable Woman / Dischi di plastica
Già vi abbiamo parlato degli X-Mary, della follia che ne contraddistingue la musica, l'ironia intelligente dei testi, la capacità di coinvolgimento dei loro trascinanti concerti. Qualcuno magari ha seguito il consiglio (non solo il nostro, ovviamente) e s'è accostato ai dischi della band, forse ne è uscito con le ossa rotte, sudato ma felice. Ebbene, chi ancora non ne avesse avuto l'opportunità, si dia una mossa. La sensazione è che “Tutto Bano” (che esce in vinile col cd allegato) sia la definitiva consacrazione, un disco dove la capacità di scrivere grandi canzoni, come buona parte di quelle già contenute nei precedenti cd, trova finalmente una collocazione precisa: stavolta non c'è neppure mezzo passo falso, tutto è funzionale, dall'intro in chiave dance e la successiva canzone dedicata a Gatto Panceri fino alla marcetta country di “Stai scherzando con la droga” e le dissolvenze insensate di “La playa”. Tutto è a fuoco: in meno di mezz'ora, dal pop al metal, qui viene rimasticato il bello e il brutto che siamo soliti ascoltare, mentre i testi raccontano di una generazione che più sfigata non si può. Quando vinceranno il Festival di San Remo su Marte, non dite che non eravate stati avvertiti.
Guido Siliotto

lunedì 4 maggio 2009

Jeniferever

Jeniferever, “Spring Tides”, Monotreme
Lanciati in Italia dall'etichetta Midfinger, che pubblicò il loro primo album tre anni fa, “Choose A Bright Morning”, arrivano ora al secondo cd i Jeniferever, band proveniente da Uppsala, Svezia. “Spring Tides” senz'altro non delude le attese di quanti già erano rimasti affascinati dallo stile del quartetto, che preferisce continuare sulla strada già intrapresa, semmai con un pizzico di consapevolezza in più. La musica proposta da Kristofer Jonson e soci guarda innegabilmente al passato, perdendosi tra subliminali influenze new wave e retaggi post-rock. In questo, non brillano certo per originalità e, qua e là, ricordano nomi ben più altisonanti, The Cure e Mogwai su tutti. Tuttavia, è forse la nostalgica malinconia che contraddistingue le sonorità della band a conquistare l'ascolto meno distratto. Tutto si gioca sul filo dell'emozione dal taglio pop: melodie, crescendo, arrangiamenti congegnati alla perfezione. Il risultato è una raccolta assai godibile, consigliata agli amanti del genere. Semmai, con un pizzico di ardire in più, personalizzare maggiormente la sostanza di un orizzonte sonoro già buono potrebbe consentire ai Jeniferever il salto di qualità definitivo.
Guido Siliotto

33ore

33ore, “Quando vieni”, Garrincha
33ore è lo pseudonimo di Marcello Petruzzi, classe 1976, origini pugliesi, ma bolognese d'adozione, con una parentesi livornese ai tempi dell'adolescenza e con trascorsi artistici di tutto rispetto nell'underground italiano: basti citare che ha fondato gli ottimi Caboto, ha poi fatto parte dei Franklin Delano e ha variamente collaborato – tra gli altri - con Christian Rainer e Comfort. Insomma, uno a cui piace sperimentare sempre nuove strade. In questo progetto solista, il musicista si muove dal folk per confezionare una forma cantautorale ricca di spunti particolarmente interessanti. Appassionato della classica canzone d'autore, il nostro cerca di inserire in tale contesto tutta la propria cultura musicale, maturata attraverso le esperienze precedenti. Una scelta che giova eccome alla ricchezza degli arrangiamenti, che riservano sempre piacevoli sorprese. Dai testi delle canzoni contenute in “Quando vieni”, si desume che non è certo un ottimista (“Voglio farti scendere un momento nel mio Inferno, ma non so se può bastare”, questo l'incipit del brano d'apertura), undici tracce che parlano di solitudine, delusioni e vite sospese. Un album davvero interessante per un talento da tenere d'occhio.
Guido Siliotto