"The Fix Is In"
Interbang
Cosa rimane di James Chance, il musicista che più di altri ha saputo esprimere lo spirito iconoclasta della no-wave, attraverso la sua devastante miscela di rock, jazz e funk? Uno dei pochi, tra l'altro, ad aver saputo sopravvivere a quella straordinaria stagione con un'attività sempre pregnante, comunque di buon livello. Ed è pregevole anche quest'ultimo suo disco, “The Fix Is In”, originariamente pubblicato solo in Giappone nel 2006, ora riproposto in Europa dall’etichetta francese Le Son du Maquis in collaborazione con l'italiana Interbang, che ne curano l'edizione limitata in vinile. Bel disco, senza dubbio, ma del tutto privo del furore degli esordi. Non è una critica negativa, attenzione, solo una constatazione. Del resto, il buon James, col suo cantato sghembo e il sax stridente voleva qui dichiarare, alla propria maniera, tutto l'amore per il jazz e per le vecchie colonne sonore, come quella di “The Man With The Golden Arm”, per intenderci. Ne è venuto fuori un disco piacevole e raffinato. Ma resta l'obbligo, per chi non li conosce, di andarsi ad ascoltare i suoi vecchi dischi.
Guido Siliotto
Cosa rimane di James Chance, il musicista che più di altri ha saputo esprimere lo spirito iconoclasta della no-wave, attraverso la sua devastante miscela di rock, jazz e funk? Uno dei pochi, tra l'altro, ad aver saputo sopravvivere a quella straordinaria stagione con un'attività sempre pregnante, comunque di buon livello. Ed è pregevole anche quest'ultimo suo disco, “The Fix Is In”, originariamente pubblicato solo in Giappone nel 2006, ora riproposto in Europa dall’etichetta francese Le Son du Maquis in collaborazione con l'italiana Interbang, che ne curano l'edizione limitata in vinile. Bel disco, senza dubbio, ma del tutto privo del furore degli esordi. Non è una critica negativa, attenzione, solo una constatazione. Del resto, il buon James, col suo cantato sghembo e il sax stridente voleva qui dichiarare, alla propria maniera, tutto l'amore per il jazz e per le vecchie colonne sonore, come quella di “The Man With The Golden Arm”, per intenderci. Ne è venuto fuori un disco piacevole e raffinato. Ma resta l'obbligo, per chi non li conosce, di andarsi ad ascoltare i suoi vecchi dischi.
Guido Siliotto
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