mercoledì 27 gennaio 2010

State Of Art

State Of Art
“Dancefloor Statements 1981-82”
Spittle
Prosegue senza sosta l'opera di recupero del materiale storico del rock italiano da parte dell'etichetta fiorentina Spittle, tra band note ed altre ripescate dall'oblio in cui erano piombate. I milanesi State Of Art avevano già trovato posto sulla compilation “Milano New Wave 1980-83” coi loro cinque brani più significativi. Qui il discorso si amplia, tra inediti, live e demo, con la definitiva conferma che il loro white-funk avrebbe senz'altro meritato maggiore considerazione, capace com'era di guardare ai migliori fermenti d'oltreoceano, quando mescolare punk e musica disco non era una cosa poi così scontata.
Guido Siliotto

Ronin

Ronin
“L'ultimo re”
Ghost
E' stata concepita come una vera e propria colonna sonora questa nuova opera firmata dai Ronin. Una colonna sonora per un film immaginario stavolta, dopo quella realizzata l'anno scorso per il lungometraggio “Vogliamo anche le rose”. Del resto, non c'è da stupirsi: la musica della band ha sempre avuto queste potenzialità, perché nata da un'idea dell'iperattivo Bruno Dorella per assecondare la sua passione per certe atmosfere rarefatte e, in qualche modo, rassicuranti, laddove gli altri progetti che lo vedono protagonista (Ovo, Bachi da Pietra) hanno un taglio decisamente più sperimentale. “L'ultimo re” si presenta come sviluppo coerente nella discografia del gruppo, con una sempre accesa predisposizione per sonorità morriconiane e desertiche, ma con un ampliamento di orizzonti e citazioni capaci di pescare dagli immaginari più disparati. Il film nella testa di Dorella è una sorta di rivoluzione dagli esiti apocalittici (“Con le budella dell'ultimo prete impiccheremo l'ultimo re” è il canto anarchico che ha ispirato l'intero album), ma è solo un suggerimento, perché in questi casi la cosa migliore è chiudere gli occhi e lasciarsi andare.
Guido Siliotto

Luca Raffaelli

Luca Raffaelli
“Tratti & ritratti. I grandi personaggi del fumetto da Alan Ford a Zagor”
Minimum Fax, pp. 383, euro 17,50
Ci voleva proprio questo dizionario per districarsi nel mare magnum dei personaggi dei fumetti. Luca Raffaelli, con la complicità di Minimum Fax, riorganizza e rielabora quanto a suo tempo scritto per la collana de “I Classici del Fumetto di Repubblica” - quotidiano con cui collabora - e ci offre settantotto schede in rigoroso ordine alfabetico per conoscere da vicino i protagonisti delle strisce più celebri. Un lavoro che diventa un indispensabile strumento per saperne di più circa l'origine e le caratteristiche dei nomi più amati, da Alack Sinner a Zio Paperone, passando per Batman, Corto Maltese, Diabolik, i Simpsons e tanti altri. Scritto con passione e indiscutibile competenza, il corposo volume ha anche il merito di offrire parecchi spunti di riflessione sull'arte del fumetto.
Guido Siliotto

Rick Spears

Rick Spears
“Jennifer’s Body”
Coniglio, pp. 112, colori, euro 12,50
Tratta dal film omonimo interpretato da Megan Fox, ecco “Jennifer’s Body”, una sorta di riduzione a fumetti scritta da Rick Spears (“Teenagers from Mars”, “Repo”, “Black Metal”) e pubblicata in Italia da Coniglio. Horror ed erotismo si intrecciano nelle vicende di questa cheerleader che si trasforma in vampiro e uccide i compagni di scuola. Il fumetto non è la pedissequa trasposizione della pellicola, ma ne prende le mosse per sviluppare quattro vicende legate alle brevi esistenze di altrettanti adolescenti-tipo (il bullo, l'alternativo, l'immigrato e l'imbranato), fino alla giusta, ma solo temporanea, punizione per la protagonista. Alle matite, cinque disegnatori più o meno quotati, tra i quali spicca Jim Mahfood (“Clerks”, “Grrl Scouts”, “Spiderman”).
Guido Siliotto

martedì 26 gennaio 2010

Sylvain Savoia / Marzena Sowa

Sylvain Savoia / Marzena Sowa
“Marzi”
Coconino Press / Fandango, pp. 264, euro 25
Marzi è una bimba vivace, acuta osservatrice. Vive in Polonia, anni ottanta, decennio difficile: dominazione sovietica, tra grandi e piccoli drammi quotidiani. La storia scorre: Solidarnosc, Cernobyl, Walesa, Jaruzelski, Giovanni Paolo II. Ma scorre anche la vita di tutti i giorni: le interminabili file per il pane, il nuovo frigorifero, la prima comunione, la neve e il freddo. Sylvain Savoia, grafico e illustratore francese di talento, ispirato dai racconti d'infanzia della sua compagna, Marzena Sowa, ricrea quelle atmosfere in un fumetto magnifico, capace di raccontare – con uno stile che sa mettere d'accordo gusto europeo e manga - le vicende politiche e sociali di un paese in difficoltà con l'ironia e l'arguzia di una bambina speciale.
Guido Siliotto

Gipi

Gipi
“Diario di fiume e altre storie”
Coconino Press, pp. 128, colori, euro 17
Dopo aver dato alle stampe l'anno scorso un capolavoro come “La mia vita disegnata male”, Coconino Press torna con Gipi in un volume che rappresenta una sorta di antologia dei racconti finora pubblicati su varie riviste. Una panoramica che vede l'autore impegnato in prove narrative più o meno brevi e a confronto con differenti tecniche e generi. Non mancano ovviamente i temi a lui sempre cari (l'amore, il sesso, l'amicizia, la natura), ma soprattutto si conferma la grande capacità di creare personaggi autentici. Lungi dal rappresentare un capitolo minore del percorso del disegnatore pisano, “Diario di fiume”, oltre a fornire nuovi spunti per cogliere le sfumature del linguaggio di un artista geniale, è un'opera assolutamente da non perdere.
Guido Siliotto

Duane Swierczynski / David Lapham

Duane Swierczynski / David Lapham
“Batman - Omicidio a Villa Wayne”
BD, pp. 80, a colori, euro 19,90
Una matassa ingarbugliata per Batman: chi ha sepolto nel giardino di Villa Wayne il cadavere di una povera ragazza, trent'anni fa? Tutti i sospetti cadono su Thomas Wayne, il papà di Bruce, alter-ego dell'uomo pipistrello. Ma Batman non ci crede e farà di tutto per trovare il vero colpevole. Un vero e proprio racconto giallo, con gli indizi che si susseguono, pagina dopo pagina, materialmente inseriti nel volume: un sottobicchiere, una mappa, una fotografia, test del Dna e così via. Mettendo assieme le tessere del mosaico, il lettore viene sfidato a risolvere il caso. Scritto da Duane Swierczynski (“Punisher”) e illustrato dal grande David Lapham (“Stray Bullets”), un libro buono per i fan del fumetto quanto per chi ama la letteratura gialla.
Guido Siliotto

Al Aprile / Luca Majer

Al Aprile / Luca Majer
“La musica rock progressiva europea”
Calypso, pp. 224, euro 16,50
Uscita nel 1980, quest'opera realizzata da due allora giovanissimi giornalisti musicali tentava, per la prima volta in Italia, di analizzare il rock europeo da una prospettiva inedita, evidenziando l'importanza di artisti ed etichette che difficilmente trovavano spazio nelle riviste dell'epoca. Il pregio era ancora maggiore, giacché ai tempi Internet non esisteva e la ricerca di musiche innovative e poco diffuse era il frutto di una passione ostinata e di fatiche indicibili. Qui il prog-rock assume connotati diversi da quelli cui è solitamente associato: ecco i riflettori puntati su ciò che chiameremo kraut-rock, Canterbury sound e così via. Oppure, se preferite, semplicemente ottima musica. Scritte benissimo, queste pagine trasudano passione e contagioso entusiasmo.
Guido Siliotto

Pharaohs

Pharaohs
"We've tried nothing and we're all out of ideas"
HipHipHip
Giovane etichetta, giovane gruppo. HipHipHip è una nuova label transalpina, con sede a Roubaix per la precisione, che si candida come fucina di buoni dischi nel firmamento europeo. Pharaohs è il nome della formazione inglese che ha da poco pubblicato "We've tried nothing and we're all out of ideas". Si tratta di un mini album con sette brani, che rappresenta un ottimo compendio delle potenzialità del quartetto. Si potrebbe definire math-pop il suono realizzato da questi ragazzi del Kent, vale a dire una precisa e implacabile macchina musicale, capace di spericolati intrecci tra le due chitarre e serrate esibizioni della sezione ritmica, tra tempi dispari e buone invenzioni, mentre le voci si librano in preda a ritornelli accattivanti e ultramelodici. Una formula intrigante, con la possibilità di ulteriori sviluppi, che restano qui solo parzialmente espressi. L'attesa è per un lavoro più impegnativo, dove il linguaggio si faccia più maturo, dinamico e vario. Lecito, comunque, nutrire aspettative per il futuro.
Guido Siliotto

Frost

Frost
“Ludotech”
To Lose La Track
Non va più tanto di moda trovare sotto l'albero di Natale una scatola dell'Allegro Chirurgo, surclassato da giochi elettronici et similia. Ad ogni modo, i Frost sono degli inguaribili romantici e decidono di omaggiare “Operation” nella copertina del loro nuovo cd. Una carriera, quella del gruppo perugino, che ebbe una svolta nel 2003 sul palco di Arezzo Wave. Fu proprio l'etichetta del festival, Ondanomala, a pubblicare il cd d'esordio, “United Condom”, ormai cinque anni fa. Il ritorno discografico – che si avvale della collaborazione di Marco Capaccioni (Frankie Hi-NRG, Subsonica, Negroamaro) e Tony Lash (Dandy Warhol, Tahiti ’80) - segna una significativa inversione di tendenza, in particolare con la scelta di cantare per lo più in italiano. La musica di “Ludotech” conserva però quel piglio brioso e accattivante, secondo le regole di un electro-pop ironico e contagioso. Ambiziosi e furbetti, i Frost hanno pure tentato la carta X-Factor, presentandosi come trio vocale ai provini con una improbabile “Rock'n'roll Robot” e prendendo con filosofia l'eliminazione, ma anche a “Quelli che il calcio”, in compagnia di Costantino. Sì, quello di “Uomini e donne”.
Guido Siliotto

Culture Reject

Culture Reject
“Culture Reject”
White Whale
Ruota attorno alla figura del polistrumentista Michael O'Connell questo lavoro firmato Culture Reject, esordio solista del musicista canadese dopo l'esperienza con i Black Cabbage, band attiva nella scena di Montreal. È lui che firma tutte le canzoni, pur avvalendosi della collaborazione di una miriade di amici e artisti - compresa una sezione fiati - compagni d'avventura e di jam casalinghe. Del resto, fin dal primo ascolto, si capisce che l'idea di fondo era quella di mescolare le carte, non fermarsi alle prime ispirazioni, ma abbandonarsi, nella composizione così come negli arrangiamenti, alle influenze più svariate, frutto dei viaggi di O'Connell tra Africa e Cuba. Ecco allora che accanto alle radici folk e al massimo rispetto per la classica forma canzone, si inseriscono elementi tratti da culture diverse, magari piccole sfumature che contribuiscono però a rendere interessante un lavoro per altri versi tutto sommato convenzionale. Ne viene fuori un gioiellino, magari piccolo piccolo, ma comunque consigliato.
Guido Siliotto

Levis Hostel

Levis Hostel
“Star Bell Jar”
Persian Surgery / Outline
Di Levis Hostel già ci siamo occupati in occasione della pubblicazione dell'ep d'esordio, “A Minor Quarrel”, intrigante uscita del 2008. Ci torniamo grazie a questo “Star Bell Jar”, a tutti gli effetti prima fatica sulla lunga distanza e precisazione degli intenti della band capitanata da Ezio Piermattei, autentico deus ex machina della faccenda. In copertina ci becchiamo Bing Crosby, Danny Kaye e Rosemary Clooney, protagonisti del temibile “White Christmas”, che a parlarne adesso, a feste finite, si cade nel puro sadismo. Ad ogni modo, giacché il Piermattei pare un giocherellone e ci è simpatico per questo, fughiamo subito ogni dubbio: sebbene il sottotitolo reciti “The spirit of Christmas won't set me free till next summer”, non è che qui ci siano balocchi o fiocchi di neve. Piuttosto, un pugno di canzoni che si muovono abilmente in ambito indie-pop, ma con spudorate ed amabili reminiscenze glam. A chiudere il cerchio, un'agile cover dei Pavement (“Here”). Da tenere d'occhio.
Guido Siliotto

Brimstone Howl

Brimstone Howl
“Big Deal. What's He Done Lately?”
Alive
Se garage rock è la parolina magica che fa accendere tutte le lampadine, allora Brimstone Howl è un nome che già vi dice molto più di qualcosa. La band di Lincoln, Nebraska, è ormai da qualche tempo una delle protagoniste in tale ambito e gli appassionati non si saranno persi le gesta più recenti e un album efficace come “We Came In Peace”, uscito l'anno scorso. Quel blues datato sixties, sporco e cattivo, pesantemente influenzato da un evidente piglio punk, è rapidamente diventato una garanzia di qualità. Tanto che la band di Nick Waggoner (voce e chitarra), John Ziegler (voce e chitarra) e Calvin Retvlaff (batteria), in pista dal 2002 come Caesar the Greaser, poi Zyklon Bees e, finalmente, col definitivo nome Brimstone Howl, si è attirata l'attenzione grazie alle sue esibizioni altamente elettriche e al vizietto di pubblicare ancora a quarantacinque giri, merce rara e, come si sa, assai apprezzata dai feticisti. L'ultimo album, “Big Deal. What's He Done Lately?”, ne esalta tutte le potenzialità: registrato in pochi giorni, con un suono grezzo e diretto, è senza dubbio quanto di meglio si possa chiedere oggi in ambito garage.
Guido Siliotto

Welles

Welles
“33:44”
autoprodotto
Ha scelto di farsi chiamare come un regista geniale e anticonformista: il lodigiano Massimo Audia ha deciso di optare per uno pseudonimo altisonante come Welles per dare alla luce dischi che lui stesso definisce autoreferenziali. Il procedimento ce lo svela lui stesso volentieri: in camera da letto, solo con un computer e vecchi vinili, inizia l'opera di assemblaggio, lunga e faticosa. Qualche volta aggiunge una chitarra, ci canta sopra con un microfono di plastica e poi stravolge tutto con il software. “44:33” è il suo secondo cd, che raccoglie canzoni registrate negli ultimi tre anni, ma giura di avere già pronto il materiale per un seguito, dall'emblematico titolo “Radical Shit”. Non è proprio l'ultimo arrivato (suona tra l'altro coi Satantango) e si sente: il gusto c'è, basterebbe scorrere le influenze dichiarate sul suo www.myspace.com/wellesmars, da Captain Beefheart ai Devo. Noi ci permettiamo di aggiungere il post-punk tribale dei Liars e, scusate se è poco, Beck. Ad ogni modo, fresco e divertente, un cd davvero consigliato.
Guido Siliotto

Georges Brassens

Georges Brassens
“Le strade che non portano a Roma. Riflessioni e massime di un libertario”
Coniglio, pp. 96, euro 10
Era l'autore preferito da De André, che ne tradusse in italiano alcune tra le più celebri delle canzoni (come “Il gorilla” e “Marcia nuziale”): Georges Brassens, poeta e musicista, è stato una delle voci più autentiche degli ideali anarchici e libertari del novecento, non a caso definito come “un poeta che scende in piazza come si scende in una sommossa”. Questo volumetto edito da Coniglio per la collana “Baguettes”, dedicata agli autori un po' scomodi e folli, contiene una serie di pensieri, spunti e riflessioni sui più diversi argomenti: gli ideali, la fede, l'amore, la poesia, la musica. Una ricerca tra appunti, interviste e quant'altro per un ritratto inevitabilmente frammentario, che ci dice quanto istintivo e azzardato fosse il suo pensiero, convinto che “è più difficile piacere a dieci spiriti distinti che a diecimila creduloni imbecilli”.
Guido Siliotto

Luminance Ratio

Luminance Ratio
“Like Little Garrisons Besieged”
Fratto9 under the sky / Boring machines
Nasce dalla collaborazione tra Eugenio Maggi (Cría Cuervos, Slave Auction), Gianmaria Aprile (Ultraviolet Makes Me sick) e Andrea Ferraris (Airchamber 3, Ur, Ulna, John Russel, Sil Muir) il progetto Luminance Ratio, che con "Like Little Garrisons Besieged" dà vita alla prima pagina di un libro ancora da scrivere. Vista la qualità del cd e la personalità dei tre musicisti coinvolti, c'è da credere che si tratti di rose che fioriranno. Per ora, bastano questi pochi petali a soddisfare chi ama derive e approdi della musica elettroacustica, la commistione tra chitarra e laptop, l'incontro fra folk, drone e field recording. Anche gli strumenti tradiscono una propensione al mescolamento delle carte con una continua dialettica digitale/analogico. L'effetto è, oltre che qualitativamente sopraffino, foriero di autentiche emozioni, dall'arpeggio ancestrale del brano eponimo in poi. C'è, come ultima traccia, la benedizione di Paul Bradley (Twenty Hertz, Monos), che si diletta in un remix che fonde tutte le idee del disco in un'unica traccia.
Guido Siliotto

lunedì 11 gennaio 2010

Him

Him
“Hmmmm”
HipHipHip
Qualcuno si ricorderà di Doug Scharin per la sua partecipazione alle gesta di band del calibro di June of 44 e Rex. Tuttavia, il cuore della sua arte si trova nel progetto denominato Him, una delle realtà più originali del rock degli ultimi 15 anni. Il motivo è semplice: impossibile incasellarne le sonorità e non fa eccezione neppure questo ultimo album, pubblicato in Europa dalla neonata etichetta francese Hip Hip Hip, che ha per titolo un ideogramma giapponese da pronunciarsi “hmmmm” . È proprio il Giappone uno dei luoghi preferiti da Scharin, che è solito collaborare con musicisti di quella scena e anche stavolta ha registrato le nuove canzoni tra Tokyo e la California. Il risultato è magnifico e risulta assai difficile definirne le coordinate, se non ricorrendo a formule astruse, ma per dare un'idea si pensi a una miscela tra post-rock, dub e ritmi tropicali. Uno scenario intenso e affascinante, per un artista che continua a rappresentare una delle menti più creative del rock dei nostri giorni.
Guido Siliotto