venerdì 30 dicembre 2011

Luciano Bianciardi

Luciano Bianciardi
“Il Risorgimento allegro. Breviario di italianità”
Stampa Alternativa, pp. 104, euro 12
È nota la passione che Luciano Banciardi nutriva per il Risorgimento italiano, basti ricordare alcune delle sue opere principali come “Da Quarto a Torino”, “La battaglia soda”, “Daghela avanti un passo”, “Garibaldi” e “Aprire il fuoco”, il cui titolo originale era però “Le Cinque Giornate”. Ovvio che non poteva mancare all’appello proprio lui, in quest’anno di celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. L’operazione curata dal figlio Ettore per Stampa Alternativa è un'antologia di brevi passi tratti dai principali testi dello scrittore grossetano sull’argomento, soprattutto “Daghela avanti un passo”. “L'idea”, spiega, “è stata quella di fare un vero e proprio breviario bianciardiano sul Risorgimento, ma per farlo abbiamo pensato ad un'impaginazione particolare: infatti, aprendo il libro in qualunque punto, si hanno davanti due pagine da leggere alla sera prima di spegnere la luce e sulle quali riflettere, che contengono un intero capitolo, breve ma intenso su un fatto risorgimentale, magari anche assai noto, ma comunque raccontato sempre in modo molto diverso dall'iconografia ufficiale”. Una lettura che, se da un lato può aprire nuove conoscenze sulla materia, ricco com’è di aneddoti, curiosità e personaggi più o meno straordinari, dall’altro conferma l’indole di un autore anticonformista come Bianciardi, oltre alla sua proverbiale corrosiva ironia, arma con la quale poteva permettersi di dispensare giudizi, spesso seguendo le sue simpatie (per Garibaldi, ad esempio) e antipatie (vedi le parole dedicate a Carlo Alberto). “Queste pagine”, prosegue Ettore, “dimostrano in maniera inequivocabile che non è vero che allora gli italiani fossero più seri e più patriottici di oggi, o comunque non nella maniera un po’ retorica con cui ce li vengono spesso a presentare. In realtà, il Risorgimento fu anche e soprattutto un momento di allegria, che coinvolse in maniera assai spontanea i giovani di allora, i quali forse non avevano tutti quegli ardori nazionali che si vuol attribuire loro, ma certamente una gran voglia di menare le mani”.
Guido Siliotto

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