venerdì 5 giugno 2009

Amos Poe

La retrospettiva che ha visto protagonista il cinema di Amos Poe al Cantiere Sanbernardo di Pisa dall'11 al 17 maggio scorsi è stata l'occasione per ripercorrere le tappe di un magnifico percorso, iniziato a metà anni settanta. All'epoca, la comunità artistica di New York è in pieno fermento e Amos, arrivato in città con la famiglia da Tel Aviv, si fa subito coinvolgere e mette a frutto la propria passione per il cinema girando due documentari, che, ancora oggi, sono tra le più vivide testimonianze di quegli anni, “Night Lunch” e “Blank Generation”. Esplode la no-wave, un movimento che mette in discussione i canoni estetici dominanti, prima di tutto nella musica, ma anche in campo cinematografico. I due lungometraggi firmati da Poe, “Unmade Beds” e “The Foreigner”, ne diventano il manifesto: devozione per la nouvelle vague ed estetica punk. Opere che rimangono a lungo insuperate dallo stesso autore, che nel frattempo si cimenta anche con la televisione, ma a modo suo, tra videoclip e lo show settimanale di culto “Glenn O'Brien's Tv Party”. Finché nel 2007 arriva “Empire II”, appassionato ed appassionante ritratto della Grande Mela, presentato con successo al Festival di Venezia. “L'originale firmato da Andy Warhol – otto ore di riprese dell'Empire State Bilding - ha significato molto per me, quand'ero un giovane regista e studiavo il modo di pensare all'economia delle immagini e a quale fosse il significato della percezione dell'immagine in movimento in un film”, spiega Poe. “Lo consideravo un audace, concettuale, epico capolavoro. E, sebbene impossibile da guardare, senz'altro ipnotizzante. Stimolava la mia sensibilità perché potevo dormire e sognare, magari una mezz'oretta, e svegliarmi con la consapevolezza di non essermi perso nulla. Come avrebbe detto Andy: “Wow!”.
Ma come mai ha deciso di girare un remake?
Nel 2005 ho cambiato casa e in quel periodo ero molto interessato a come il pubblico percepisca lo scorrere del tempo e come questa percezione crei un vero e proprio “spazio”. Perciò, la prima cosa che ho fatto nel nuovo appartamento è stato piazzare la videocamera e catturare la città, l'Empire State Building in particolare. Il film è partito così, solo più tardi sono arrivato all'idea finale: se il tempo non è un continuum, e se io mi ritrovo con sessanta ore di girato, ma voglio un film di tre ore senza tagli, come faceva Warhol, allora devo comprimere il tempo al duemila per cento. Questa è diventata la questione centrale e, un po' come la teoria di Einstein sullo spazio e il tempo, ho creato l'energia del film. Col risultato di rappresentare New York in una maniera più realistica del reale.
La musica è sempre stata un elemento importante del suo cinema. Come avviene la scelta?
Beh, “Empire II”, vista la durata, è un caso particolare. Puoi vedere il dvd e ascoltare qualsiasi musica nel tuo i-pod e la cosa funziona. A New York, un trio di musicisti capeggiati da Thurston Moore dei Sonic Youth ha suonato un live-set totalmente improvvisato di tre ore ed è stato perfetto. In altre parole, la musica trova sempre il modo di essere sincronizzata alle immagini. Ad ogni modo, di solito utilizzo la musica per aituarmi a evidenziare l'elemento emozionale e ottenere il giusto feeling visivo.
Perchè ha iniziato a girare film?
Era la sola cosa che potessi fare per evitare di diventare pazzo. Il primo momento che ho acceso una cinepresa Super 8 è stato super elettrizzante, super sexy, un po' come dev'essere accaduto quando Pelé ha calciato il suo primo pallone o Michelangelo ha preso in mano uno scalpello per la prima volta. Non sapevo cosa fare, ma non importava. È stato come scoprire Dio!
Cosa si prova ad essere considerato un maestro dai giovani registi?
Ad essere onesti, l'unica cosa che davvero penso di padroneggiare è il mestiere di scrivere per lo schermo. Per il resto, sto ancora scoprendo, o riscoprendo, le possibilità del mezzo. Spero soltanto che certi miei film possano far capire – ed è una cosa che dico sempre ai miei studenti – che tutto ciò che stiamo cercando di raggiungere è quella magia che danza tra i nostri incubi e i nostri sogni.
Qual è stata la vera forza del cinema no-wave?
Abbiamo contribuito a rivoluzionare e reinventare il cinema americano partendo dall'idea che un dilettantismo pieno di fantasia è di gran lunga meglio di una noiosa professionalità.
Al momento, dove trova ispirazione?
Buona domanda. La roba migliore arriva da certe emozioni casuali, connessioni spirituali e chimiche. Non ho mai saputo dove o come, è come se fossi spinto in questa direzione, a volte non vorrei e non sono neppure sicuro che sia una mia scelta. L'ispirazione per il film che sto per girare in Italia, che si chiamerà “Uscita”, mi è arrivata mentre guidavo verso Volterra con la mia fidanzata.
Che ne pensa di Obama?
Lo adoro. È fantastico. Kennnedy è durato troppo poco, Nixon era un supercriminale, Reagan faceva schifo sia come attore che come presidente. la definizione per Bush Senior è "oil-whore", Clinton era fuori fuoco e Bush Junior peggio di venti Bin Laden! L'America è una tossica pattumiera piena di corruzione e avidità, un impero sull'orlo del baratro fin dal 1972. Ma se Obama saprà farle cambiare volto, allora potrà evitare di replicare la caduta dell'Unione Sovietica, di Roma o di qualsiasi altro impero fino ad oggi. E' un lavoro enorme e non può farcela da solo. È come se il Titanic stesse affondando e i passeggeri decidessero di nominare un nuovo capitano. Non so se sia una cosa fattibile, potrebbe essere già troppo tardi. Ad ogni modo, amo la fermezza di Barry, il suo senso dell'umorismo, il suo rigore morale e la sua adorabile famiglia.
Guido Siliotto

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