“Hoover Cover”
Poor
Lo svizzero Alain Weber è quello che si definisce un vero appassionato di musica. Non semplicemente un musicista, nel senso che la sua attività tocca anche il campo del DJing e della produzione di compilation. Insomma, uno che ascolta dischi e che sa spaziare, coi gusti, un po' dappertutto. Altrimenti perché tra le sue influenze potrebbe permettersi di citare Erik Satie e Gonzales? E come potrebbe, poi, infilare nel suo nuovo cd due cover come “Personal Jesus” dei Depeche Mode e, soprattutto, “Indian Summer”, portata al successo da Joe Dassin e scritta, tra gli altri, dal nostro Toto Cutugno? Insomma, motivi per accostarsi a un disco come questo “Hoover Cover” ce n'è parecchi. Dopo di che, l'ascolto è senz'altro foriero di buone sensazioni. Alain Weber non si nega nulla, dalla musica per film alla classica fino ai cori religiosi. Il tutto realizzato con grande semplicità e una certa propensione per un uso minimale degli strumenti.
Guido Siliotto
Lo svizzero Alain Weber è quello che si definisce un vero appassionato di musica. Non semplicemente un musicista, nel senso che la sua attività tocca anche il campo del DJing e della produzione di compilation. Insomma, uno che ascolta dischi e che sa spaziare, coi gusti, un po' dappertutto. Altrimenti perché tra le sue influenze potrebbe permettersi di citare Erik Satie e Gonzales? E come potrebbe, poi, infilare nel suo nuovo cd due cover come “Personal Jesus” dei Depeche Mode e, soprattutto, “Indian Summer”, portata al successo da Joe Dassin e scritta, tra gli altri, dal nostro Toto Cutugno? Insomma, motivi per accostarsi a un disco come questo “Hoover Cover” ce n'è parecchi. Dopo di che, l'ascolto è senz'altro foriero di buone sensazioni. Alain Weber non si nega nulla, dalla musica per film alla classica fino ai cori religiosi. Il tutto realizzato con grande semplicità e una certa propensione per un uso minimale degli strumenti.
Guido Siliotto
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