giovedì 15 ottobre 2009

Bad Sector

Bad Sector, “CMASA”, Loki / Power and Steel
Il più recente lavoro discografico pubblicato da Bad Sector, alias Massimo Magrini, è senz'altro atipico rispetto alla sua produzione solita, anche perché è nato da esigenze ben precise, in particolare come colonna sonora dell'installazione “M3M – Marina terzo millennio” curata da Luca Serasini nel 2005, incentrata sul contesto urbano alla foce dell'Arno a Marina di Pisa. Il cd in questione è dunque una raccolta, rimaneggiata ed estesa, delle musiche realizzate per quell'opera e ne è venuto fuori un vero è proprio concept-album attorno alla ex-fabbrica CMASA/Motofides, che stava nel punto in cui il fiume finisce nel mare. L'obiettivo allora è diventato quello di fissare una volta per tutte l'atmosfera di quei luoghi prima dell'inizio dei lavori per il nuovo porto. Le sagome dei retoni diventano i protagonisti di un luogo fisico, ma anche mentale, inevitabilmente carico di nostalgia. Utilizzando il consueto armamentario elettronico assieme a suoni della natura (l'acqua) e strumenti come pianoforte e chitarra acustica, il musicista toscano è riuscito a realizzare così un'opera struggente e davvero affascinante.
Guido Siliotto
INTERVISTA
Massimo Magrini, musicista lucchese d'origine, ma pisano d'adozione, è da tanti anni impegnato in una serie di progetti che lo hanno reso figura di culto della scena ambient-industrial europea.
Puoi tracciare una breve biografia, segnando i punti salienti della tua attività artistica?
A quattordici anni ho iniziato a trafficare con i primi circuiti elettronici “suonanti” autocostruiti, con i quali realizzavo in casa cassette che poi distribuivo agli amici esterrefatti. Poi gli studi tecnici e l’università. Parallelamente a questa iniziai a studiare musica elettronica “seria”, anche se ero coinvolto molto attivamente nella locale scena underground. Erano gli anni della new wave e della prima industrial music. Finita l’università, ho iniziato la collaborazione con il Reparto di Informatica Musicale del CNR, quello dove negli anni settanta Pietro Grossi faceva la sue pionieristiche esperienze musicali coi computer. Tuttavia il virus industrial e post-punk viveva ancora dentro di me e ben presto le competenze tecnico-scientifiche dell’esperienza CNR si sono riversate nel progetto Bad Sector, a quel punto una sorta di fusione fra l’istinto e la ragione. Nel '95 il primo cd, “Ampos”, che ebbe subito un grande riscontro. Da lì in poi, tanti altri dischi e una impegnativa attività live.
In cosa consiste la tua attività al CNR e in che modo questa ha influito sulla tua musica?
In sostanza mi occupo dello sviluppo di applicazioni software per la sintesi ed il trattamento dei segnali musicali e non, oltre che della progettazione di speciali interfacce gestuali per il controllo di queste applicazioni. Si tratta di sistemi che si possono usare per performance musicali e multimediali, ma soprattutto per applicazioni mediche, quali la riabilitazione di soggetti con deficit psichici o psico-motori.
Nel tuo suono si sente l'influenza di una ricerca continua. C'è il rischio che la forma prevalga sulla sostanza?
Beh, nell’arte contemporanea molto spesso il veicolo estetico è la forma e non il contenuto. Capisco però quello che vuoi dire, ma nel mio caso non c’è questo pericolo: la componente emozionale è assolutamente predominante. Poi, in ogni caso, anche essendo a volte estrema, la mia è pur sempre un'operazione “pop”.
È difficile trovare un equilibrio tra uomo e macchina?
E' un problema che non esiste. La macchina fa solo ed esclusivamente quello per cui è istruita, anche gli eventuali margini di indeterminazione nel suo comportamento sono stimabili e classificabili. Se produce cose esteticamente discutibili, dipende solo dall’essere umano che l’ha programmata.
Nei tuoi concerti c'è margine per l'improvvisazione?
Come dicevo prima, cerco sempre di usare, seppure con moderazione, semplici dispositivi autocostruiti connessi al computer, per controllare il suono mentre viene prodotto. Ciò da un lato serve a rendere il tutto visivamente più spettacolare, dall'altro aiuta a sottolineare che la cosa sta avvenendo in quel momento e non è tutto registrato. Ovviamente, essendo nel mio caso il suono assai complesso, è impossibile rigenerarlo completamente dal vivo, quindi uso moltissime basi. Tuttavia, con i dispositivi di cui sopra, oltre che con altri più tradizionali, come piccoli controller Midi o semplici mixer, altero ed arricchisco il suono in modo completamente improvvisato, muovendomi quindi in uno spettro di variazioni espressive di ampiezza paragonabile a quella che può avere uno strumentista che legge una partitura.
Progetti presenti e futuri?
Per quanto riguarda Bad Sector, a parte "CMASA", qualche tempo fa è uscita una compilation di rarità ed inediti in due volumi, “Storage Disk”, per l'etichetta moscovita Waystyx. Negli ultimi tempi, però, mi sono concentrato soprattutto su Olhon, un progetto idato assieme a Zairo - già attivo con gli Where. Creiamo musica d’ambiente utilizzando unicamente rielaborazioni di registrazioni che facciamo personalmente in luoghi spesso estremi: laghi vulcanici, cavità sotterranee o profondità sottomarine, come per il recente “Underwater Passage”. Per compiere queste registrazioni dobbiamo spesso costruire speciali sonde in grado di resistere a condizioni quasi proibitive. I tre lavori finora prodotti uniscono il forte connotato concettuale con un fascino molto particolare: è un suono elettronico, ma quasi “organico”.
Guido Siliotto

Nessun commento:

Posta un commento