venerdì 17 giugno 2011

Dome La Muerte

Dome La Muerte
“Poems for Renegades”
Japan Apart

Ci sono voluti oltre trent’anni di carriera a Domenico Petrosino, in arte Dome La Muerte, per pubblicare finalmente un album da solista. Dopo i dischi pubblicati con le varie band di cui ha fatto parte, dai CCM ai Not Moving, dagli Hush fino a The Diggers, “Poems for Renegades” è da molti punti di vista il suo lavoro più personale, concepito tutto da solo, sebbene arricchito dalla presenza di alcuni ospiti. L'album, che uscirà a giugno, si muove però stavolta fuori dal classico rock’n’roll di cui l’artista pisano è diventato, col tempo, uno dei rappresentanti più longevi del panorama italiano. Le nuove canzoni, infatti, acustiche nelle sonorità, a volte strumentali, sono soprattutto a base di folk e country. Ideato come tributo alla cultura dei nativi americani, con le poesie di Lance Henson, il cd contiene anche una cover di Bob Dylan (“Billy”) e una dei Ramones (“I Just Want To Have Something To Do”). Il risultato è un'opera davvero godibile, ma gioco forza indirizzata soprattutto agli inguaribili romantici del rock.
Guido Siliotto

Luther Blissett

Luther Blissett
“Bloody Sound”
Bloody Sound Fucktory / Hysm / Musica per Organi Caldi / Brigadisco

Hanno scelto di celarsi dietro il nome Luther Blissett, lo pseudonimo collettivo utilizzato fin dagli anni novanta da vari artisti e ispirato all'omonimo centravanti inglese ingaggiato dal Milan negli anni ottanta con deludenti risultati. Detto questo, la musica di “Bloody Sound” si presenta da sé, nei fulminanti trenta secondi di una rumorosissima introduzione che richiama subito alla mente le schegge sonore dei grandi Naked City, capace com'è di frullare con gusto free-jazz e noise-rock. Il disco si muove su questo schema, con le restanti tracce ovviamente più articolate, comunque sempre molto libere sia negli intenti programmatici che nei risultati concreti, con Peter Brotzmann come padre spirituale. Un album che, sebbene non aggiunga nulla a quanto già conosciamo nel settore, comunque piace molto perché credibile, ben suonato e ben fatto. Visti e sentiti al Tago Fest dell'anno scorso, i Luther Blissett fecero un'ottima impressione anche dal vivo.
Guido Siliotto

The Pattern Theory

The Pattern Theory
“The Pattern Theory”
Valeot

Sarà che le case a Berlino costano poco, comunque se anche gli inglesi si trasferiscono laggiù, vorrà pur dire qualcosa. Ad ogni modo, partiti da Leeds, dopo un po' di gavetta live culminata con la collaborazione con Damo Suzuki, sono approdati nella capitale tedesca questi The Pattern Theory, trio per il quale uscirà venerdi 13 il debutto discografico, pubblicato dall'interessante etichetta viennese Valeot. Carl Schilde, Lukas Creswell-Rost e James Yates, diciamolo subito, si muovono in tipici territori post-rock. Dunque, lunghi brani strumentali dove, sulla classica strumentazione rock si innestano sintetizzatore, vibrafono e xilofono, così da generare un suono avvolgente, per progressioni ritmiche ora più pacate e rarefatte, altre volte più energiche e coinvolgenti, divagando fino a territori più marcatamente prog. Un'opera che con molta probabilità non sconvolgerà le playlist di fine anno e comunque ha già un proprio pubblico, appassionato cultore di questo genere di realtà. Eppure si tratta di un buon disco, capace di farsi largo tra i molti ascolti.
Guido Siliotto

Uber

Uber
“Northern Exposure”
From Scratch

Tornano a ben sette anni dalla prova precedente i lucchesi Uber e questa è già una notizia per chi li dava per spacciati. È da tempo che questi ragazzi sono sulle scene, ma siamo in Italia e tutti conoscono le difficoltà di trovare la forza per tenere in piedi un progetto musicale dai connotati non troppo commerciali. Eppure, un ascolto a questo nuovo lavoro discografico, licenziato ancora dalla fiorentina From Scratch come il precedente “My New Lifestyle”, farebbero bene a darglielo tutti gli amanti di certi suoni influenzati dal kraut-rock e dal post-punk. I nostri, infatti, spostano parzialmente il tiro e si fanno meno math-rock e forse diventano più pop, non disdegnando l'utilizzo di certi synth in chiave disco e ritornelli piuttosto ossessivi. Nonostante il cambio di formazione e l'età che avanza (ma non ancora i capelli bianchi, giacché il rock'n'roll mantiene giovani, si sa), comunque gli Uber convincono ancora. Basterebbe solo che non ci mettessero tutto questo tempo per far uscire un disco.
Guido Siliotto

Baru

Baru
“Pompa i bassi, Bruno!”
Coconino Press, pp. 128 a colori, euro 17

Torna Baru con una nuova storia che mette insieme noir e riflessione sul sociale. L’autore francese, al secolo Hervé Barulea, classe 1947, uno dei grandi maestri del fumetto d’Oltralpe (vincitore del Grand Prix di Angouleme 2010, ma anche miglior autore straniero nell'edizione del 2002 di Lucca Comics) racconta qui le vicende di Slimane, un ragazzo africano che arriva in Francia da clandestino per riuscire a giocare a calcio, sua grande passione. Tra mille difficoltà, la faccenda si complica quando viene coinvolto nel maldestro tentativo di rapina da parte di una scalcinata banda di delinquenti che sogna di portare a termine il “colpo della vita”. Il finale è a sorpresa. Un graphic novel avvincente che mette in chiaro le grandi qualità narrative di Baru, un autore che, per la capacità di raccontare con tocco ironico storie anche drammatiche potremmo accostare, nel cinema, a uno come Ken Loach. Il tratto è magnifico, vitale, capace di delineare il carattere di un personaggio con una una sola smorfia del suo viso.
Guido Siliotto

Miguel Angel Martin

Miguel Angel Martin
"Psychopathia Sexualis"
Purple Press, pp. 126, b/n, euro 19,50

Torna disponibile, dopo 15 anni dalla sua prima pubblicazione in Italia, il classico maledetto di Miguel Angel Martin “Psychopathia Sexualis”. Quando uscì, nel 1996, fu sequestrato dalla magistratura italiana e si aprì un processo che si è chiuso solo nel 2001 con l'assoluzione di Jorge Vacca, proprietario della casa editrice Topolin. Dopo tutto questo tempo, il tema affrontato non perde un briciolo della sua tragica attualità. Per chi non lo sa, si tratta di una raccolta di brevi racconti che sono una sorta di campionario di atrocità, per le quali Martin si ispirò a celebri serial killer e oscuri fatti di cronaca nera. La violenza inaudita cui sono sottoposti soprattutto donne e bambini rende la lettura quasi insopportabile, mentre lo stile del maestro spagnolo, preciso e glaciale, oltre alla volontà di non prendere una posizione morale sull'argomento, rendono il tutto ancor più controverso. In chiusura del volume, tra l'altro, interviste a Martin, Vacca e Davide Toffolo, oltre alle reazioni del pubblico di una mostra milanese delle tavole originali.
Guido Siliotto

Barn Owl & The Infinite Strings Ensemble

Barn Owl & The Infinite Strings Ensemble
“The Headlands”
Important

Sono solo in due, Evan Caminiti (voce e chitarra) e Jon Porras (voce, chitarra e batteria), e come Barn Owl sono uno dei gruppi più caldi del momento. Si sono conosciuti cinque anni fa a San Francisco e hanno cominciato a suonare assieme nel nome della psichedelia più meditativa, con un'indole oscura e molto rumorosa. Col tempo la loro fama underground è cresciuta in maniera esponenziale, fino a far approdare la band presso l'etichetta Thrill Jockey, per la quale è uscito alla fine dell'anno scorso “Ancestral Star”, terzo LP, forse il lavoro più personale e significativo. La band non si è fermata, producendo altro materiale stavolta in collaborazione con The Infinite Strings Ensemble. “The Headlands” è lavoro più sperimentale, realizzato attraverso strumentazione particolarissima e definito come la raccolta di quattro “eternal ragas for the infinite now”, locuzione che spiega bene dove questi drone interminabili vogliono condurre chi li ascolta.

Guido Siliotto

Dirty Trainload

Dirty Trainload
“Trashtown”
Otium

Nella scena blues italiana ogni tanto vengono fuori delle band che non intendono seguire la strada maestra, ma preferiscono guardare dalle parti di un suono in qualche modo alternativo a certi luoghi comuni. Sembrano avere tale indole i Dirty Trainload, duo barese che arriva al secondo album dopo l'esordio di tre anni fa. C'è stato un drastico cambio di formazione: al posto di Marco Del Noce, oggi presente solo come ospite, è arrivata la voce e la batteria di Livia Monteleone accanto al chitarrista Bob Cillo. I risultati sono ottimi e il cd risulta caldamente consigliato a chi ama il blues declinato secondo una prospettiva che lo vuole sporco, ossessivo ed abrasivo, dalle parti di Jon Spencer, per intenderci, citando uno dei nomi più noti. Perfetto, insomma, per chi ama questo tipo di sonorità, ma potrebbe far perdere la testa anche a quegli ascoltatori più tradizionalisti, grazie a un paio di doverosi tributi al passato con due cover come "Stranger's Blues" di Elmore James e "44" di Howlin' Wolf.
Guido Siliotto

Gianni Mimmo / Harri Sjöström

Gianni Mimmo / Harri Sjöström
“Live at Bauchhund Berlin 2010”
Amirani

Il jazz si può ascoltare e suonare da molte prospettive. Questa è forse quella meno frequentata, la più sperimentale e, per i più, oltre modo ostica. Eppure, tutto nasce molto naturalmente, dall'incontro tra due ottimi musicisti come Gianni Mimmo e il finlandese Harri Sjöström, i quali incrociano i propri strumenti, il sax soprano, per duettare in totale improvvisazione in occasione di un concerto in onore di Steve Lacy. Un disco da ascoltare lasciandosi conquistare dalla fantasia e dallo stile di due performer in piena libertà.
Guido Siliotto

Alessandro Baronciani

Alessandro Baronciani
“Quando tutto diventò blu”
Black Velvet, pp. 116, euro 11

Una ragazza scopre, a trenta metri di profondità sott'acqua, all'improvviso e per la prima volta, la paura. La paura vera, quella che costringe a scappare. Comincia un'odissea tra medici e medicine, con un amore che finisce e l'impossibilità non solo di coltivare amicizie, ma anche semplicemente di salire su un autobus. Il fumettista pesarese Alessandro Baronciani affronta un argomento impegnativo con la solita delicatezza e torna alla grande con questo nuovo graphic novel dopo l'ottimo “Le ragazze nello studio di Munari”. Anche stavolta quell'ormai inconfondibile tratto pulito ed essenziale eppure efficacissimo, oltre alla scelta di optare per un bel blu al posto del solito bianco e nero, sono al servizio di una narrazione non priva di poesia. Il tema non è certo dei più ammiccanti, eppure per il modo in cui è sviluppato si fa presto ad affezionarsi alla protagonista, la cui vicenda intima può essere però letta come metafora di un male di vivere senz'altro più generalizzato.
Guido Siliotto

Dirty Beaches

Dirty Beaches
“Badlands”
Zoo Music

Alex Zhang Hungtai, nato a Taiwan, ha fatto del Canada propria patria adottiva, tra Toronto, Montreal e Vancouver. Da qualche tempo i suoi dischi si sono fatti strada negli ascolti di chi fruga nei meandri dell'underground: difficilissimi da trovare fisicamente, ma diffusi in rete da un manipolo di estimatori, i lavori firmati Dirty Beaches hanno condotto il nostro ad uno stile ormai inconfondibile, che trova in questo nuovo Lp, “Badlands”, la sua forma forse più compiuta. Chi già si era entusiasmato con la precedente cassetta “Solid State Gold” (in pochi, ovviamente, vista l'esiguità degli esemplari prodotti) troverà qui pane per i propri denti. Confermata l'indole di Hungtai, novello Alan Vega, con voce da crooner maledetto, mentre la musica scorre minimale ed ossessiva, tra improbabili rockabilly da dopo-bomba e lenti in stile anni cinquanta che sembrano rubati da una pellicola di David Lynch. La registrazione, al solito in bassissima fedeltà, rende il tutto ancora più sinistro ed affascinante.
Guido Siliotto

Meteor

Meteor
“Anemici – Sangue dalle rape”
In Limine / Sangue Dischi / Incisioni Rupestri / Bosco

Chiunque abbia un minimo di passione per la musica, nel senso anche di andare a cercare i dischi nei negozi, quei pochi che restano, o di farseli arrivare via Internet, quand'anche tale passione non sia quella insana dei collezionisti, ben conosce il fascino dei quarantacinque giri. Formato per nulla obsoleto, se è vero com'è vero che se ne continuano a stampare quanto e più di prima, sebbene si diffondano per lo più solo nei circuiti più o meno sotterranei. Ed è proprio in tale formato che i Meteor hanno deciso di proporre il proprio biglietto da visita, vista anche la durata esigua del lavoro. Scelta programmatica, questa della velocità: i loro concerti durano quindici minuti, le loro canzoni – senza titolo - al massimo due. E sono in tre i musicisti coinvolti, chitarra e batteria più un “trombone auto-costruito”. Una musica fatta di clangori che sembra partire da un hardcore messo nel frullatore per finire da qualche altra parte, non meglio identificata. Davvero devastanti, questi bresciani potrebbero diventare un culto.
Guido Siliotto

Mashrooms

Mashrooms
“Mashrooms”
Wild Love
Seguaci del verbo rock, ma da una prospettiva personale, i Mashrooms preferiscono una visione orchestrale, inserendo nell'organico anche violino, violoncello e pianoforte, con l'idea di creare pathos e calore con un suono debitore del più classico post-rock. La loro musica è comunque il frutto di un progetto ambizioso perseguito con evidente passione ed è suonata con adeguate capacità e con buona consapevolezza.
Guido Siliotto

Diane and the Shell

Diane and the Shell
“Barabolero”
Doremillaro

Dalla Sicilia con furore! Arrivano proprio dalla Trinacria Diane and the Shell e puntano ad una commistione tra il rock più spigoloso di derivazione math e certe aperture ironiche, che spingono il quartetto a tentare strade alternative, come l'incontro con la tradizione mediterranea, parentesi melodiche e persino l'elettronica, quella delle tastierine giocattolo in stile videogames. Un calderone dove non è difficile trovare spunti intriganti.
Guido Siliotto

Bad Sector

Bad Sector
“Chronoland”
Loki

Torna Massimo Magrini, alias Bad Sector, dopo l'ottimo “CMASA”, con un altro lavoro incentrato sulla memoria, stavolta da una prospettiva più intima e privata. Le tracce che compongono “Chronoland” sono infatti variamente ispirate ad alcuni accadimenti della sua vita, piccoli fatti che ne hanno caratterizzato in qualche modo il percorso e che hanno lasciato tracce indelebili e ricordi sempre vivi. Da questa idea di partenza, ogni brano è stato composto ripensando a quegli avvenimenti, in modo che le musiche li possano in qualche modo rappresentare o ne siano comunque uno sviluppo possibile da un punto di vista creativo. Questo il dato concettuale, anche se poi ciò che interessa di più è la resa finale. Da atmosfere tipicamente ambient si arriva a paesaggi più oscuri, senza disdegnare né parentesi melodiche, né detriti sonori e voci catturate qua e là. In sintesi, il risultato conferma le doti del musicista toscano, sempre capace di muoversi con personalità nel panorama dell'elettronica: poco incline a seguire le mode, Magrini continua il suo percorso e lo fa creando un proprio universo, ricco di sfumature.
Guido Siliotto

Andrea Laprovitera / Niccolò Storai

Andrea Laprovitera / Niccolò Storai
“Quartieri”
Tunué, pp. 112 b/n, euro 12

Un lavoro ambizioso quello di Andrea Laprovitera e Niccolò Storai. Basta leggere l’introduzione, dove si cita l’Antologia di Spoon River, per capire che l’idea di partenza era quella di un’opera corale, con più protagonisti e con più storie intrecciate fra di loro. Il tutto è ambientato tra le strade e i palazzi di un quartiere – e qui viene in mente il maestro Will Eisner. Il tratto del pratese Storai – sponsorizzato dal regista Alessandro Benvenuti - e il suo netto bianco/nero sono particolarmente vitali e spontanei. La sceneggiatura curata da Laprovitera, se riesce bene nello svolgersi delle varie vicende, pecca nei dialoghi, a volte un po’ ingessati. Ad ogni modo, “Quartieri” si legge con piacere e coinvolge: le storie sono varie, ora più leggere, ora più drammatiche, affrontando temi come amore, morte e solitudine, piccole grandi tragedie di persone comuni. Il tutto, come in un film, accompagnato da una colonna sonora fatta con canzoni come “What A Wonderful World” e “Free As A Bird”.
Guido Siliotto

18 Carat Affair

18 Carat Affair
“60/40”
Autoprodotto

Chiamatela chillwave, se vi va, però pare che il buon Denys Parker di queste cose si occupi già da tempi non sospetti, avendo iniziato nel “lontano” 2004 a comporre mescolando chitarre, tastiere e vecchi nastri analogici. Rubato il nome a una canzone firmata The Associates (se non la ricordate, ascoltatela su Youtube e capirete), il musicista-alchimista di Kansas City ha costruito una macchina del tempo ed è piombato nel 1982 e, per ambientarsi, ha cominciato a realizzare brevi brani strumentali totalmente calati in quelle atmosfere, fatte di colori sgargianti e pettinature impossibili. Dopo “Cassette Fantasy”, una collezione di brani improvvisati utilizzando un vecchio campionatore Casio, 18 Carat Affair è tornato con “60/40”, che possiamo salutare come il suo capolavoro, una collezione di brevi tracce strumentali registrate piuttosto male – l’effetto è, appunto, quello di un vecchio nastro ascoltato in uno stereo scalcinato – che rappresentano la summa delle sue ossessioni e sono una goduria per chi sia affamato di certe sonorità.
Guido Siliotto

Amelie Tritesse

Amelie Tritesse
“Cazzo ne sapete voi del rock and roll”
Nda Press

Mettete insieme uno scrittore e un gruppo di musicisti e fateli lavorare assieme e verrà fuori qualcosa come “Cazzo ne sapete voi del rock and roll”, album d’esordio firmato Amelie Tritesse. Da una parte la band (Giustino e Stefano Di Gregorio con Paolo Marini), dall’altra il giornalista e blogger Manuel Graziani, impegnati a dar nuova luce a 10 racconti scritti da quest’ultimo (alcuni tratti dal suo romanzo “La mia banda suona il (punk) rock”), con l’aiuto di Fabrizio Pluc Di Nicola che ha illustrato il libretto interno del cd. Lo chiamano “Read’n’rock di provincia”, un po’ per i temi trattati, un po’ per l’indole delle sonorità. Fatto sta che, sebbene gli accostamenti più ovvi quando si tratta di un disco dove c’è un testo recitato sulla musica vadano ai soliti Massimo Volume e Offlaga Disco Pax, qui le cose sono assai diverse, anche perché ci sono varie parti cantate in inglese (da Paolo Marini) e poi per l’atmosfera che si respira tra le varie tracce. Progetto intrigante, ascolto consigliato.
Guido Siliotto