martedì 25 ottobre 2011

Philippe Marcadé

Philippe Marcadé
“Oltre l’avenue D. Un punk a New York – 1972-1982”
Agenzia X, pp. 192, euro 15
Ci sono cose in questo libro che a leggerle uno non ci crede. Come quando l'autore racconta che alla sua festa di benvenuto a New York in un loft zeppo di star e future star si esibisce una band che fa canzoni che cominciano con “one-two-three-four”, tutte uguali l'una all'altra, quattro brutti ceffi alla prima esibizione in assoluto che si fanno chiamare Ramones. Eppure questo è solo uno degli incredibili avvenimenti della vita sopra le righe di Philippe Marcadé, parigino giramondo, arrivato diciassettenne nella Grande Mela per far parte di un mondo ricco di fermenti artistici e culturali, quello del punk, per poi formare una sua propria band, The Senders. Ci sono tutti, da Johnny Thunders a Richard Hell, da Debbie Harry a Nancy Spungen e Sid Vicious, fino ad un ancora sconosciuto Bob Marley, che gli passa una canna nei camerini. C'è la musica e c'è anche la droga, compresa quella “pesante” che ha portato via tante giovani vite. C'è tanta energia in una narrazione spiccia e senza fronzoli, ironica e davvero avvincente.
Guido Siliotto

lunedì 24 ottobre 2011

Paolo Spaccamonti

Paolo Spaccamonti
“Buone Notizie”
Bosco

Dopo lo straordinario esordio con “Undici pezzi facili” - disco davvero magnifico e sempre caldamente consigliato a chi se lo fosse perso - e dopo la sonorizzazione dal vivo del film muto "Rotaie" commissionata dal Museo Nazionale del Cinema, Paolo Spaccamonti torna con un nuovo album, qui per confermare tutte le buone impressioni del primo cd. E ci riesce in pieno, anzi facendo qualche passo avanti. Coadiuvato da Marco Milanesio al mixer e da alcuni ospiti (Julia Kent, Fabrizio Modonese Palumbo, Daniele Brusaschetto, Ezra, Davide Compagnoni, Marco Piccirillo, Dario Bruna e Ramon Moro) sforna dodici nuove tracce che si muovono con piena padronanza tra folk, rock e jazz nella loro accezione più moderna, sempre evidenziando la capacità di muoversi con pari bravura sia nel campo della melodia più calda come nella sperimentazione più ostica. Il chitarrista torinese si conferma dunque una figura da tenere nella massima considerazione anche per il futuro, mentre per il presente “Buone notizie” è disco da non perdere.
Guido Siliotto

Heimweh

Heimweh
"Ragh Potato"
Improvvisatore Involontario
Il primo complimento che sorge spontaneo elargire a questi Heimweh è che la loro musica sfugge a qualsivoglia classificazione. Certo, la inseriremmo nel filone del jazz improvvisato, anzi tutto perché i sei titoli che compongono la raccolta nascono da libere, liberissime improvvisazioni e poi perché i quattro musicisti coinvolti - Alberto Popolla (clarinetto e clarinetto basso), Alessandro Salerno (chitarra classica), Francesco Lo Cascio (vibrafono e percussioni), Mario Paliano (batteria e percussioni) - provengono dal collettivo Franco Ferguson, da sempre impegnato in un approccio critico e non ortodosso al jazz. Il cd in questione nasce dal progetto Amazing Recordings, l'idea di suddividere tutti i membri del collettivo in dodici gruppi, ai quali offrire tre giorni per fissare su un supporto la propria musica. “Ragh Potato” è il frutto saporitissimo di quelle session, il prodotto di musicisti in piena forma e con ottime qualità, a dimostrazione ancora una volta che per certa musica non è poi così difficile oggi trovare buoni esempi anche in Italia.
Guido Siliotto

Newtone2060

Newtone2060
“Shot”
Fratto9 Under The Sky
Charles Bukowski continua ad essere fonte d'ispirazione per altri artisti anche in campo musicale, ma ciò che si ascolta in questo nuovo album firmato Newtone2060 è sicuramente una delle varianti più originali che si potessero elaborare partendo dalle sue poesie. Dopo questo terzo album intitolato “Shot” (pubblicato in vinile dalla sempre più autorevole Fratto9 Under The Sky), diventa a questo punto urgente accorgersi di questo fantastico trio formato dall'eclettico batterista Cristiano Calcagnile, uno dei nomi di riferimento per il panorama sperimentale italiano nel campo delle percussioni, assieme a Marco Albert, il quale si occupa della parte recitata applicando con bravura svariati effetti alla propria voce, e Salvatore Sammartino, che invece fornisce il materiale sonoro attraverso l'utilizzo di un giradischi con cui martoriare una collezione di Lp che va dal jazz fino agli Spandau Ballet. Catturata dal vivo, la band dimostra grande maestria e capacità di coinvolgimento, sempre che si sia disposti a prestare l'adeguata attenzione. Davvero un'ottima prova.
Guido Siliotto

Paramount Styles

Paramount Styles
"Heaven's Alright"
Cycle/Konkurrent
Scott McCloud è stato il cantante dei Girls Against Boys, negli anni novanta una delle migliori band del panorama indie-rock statunitense, che tuttavia non seppe mai raggiungere quel successo commerciale più ampio che senz'altro avrebbe meritato. Da tempo, McCloud ha messo in piedi un nuovo progetto, che qui arriva al secondo album, con l'intento chiaro e preciso di mettere da parte il rumore che caratterizzava le sonorità della band d'origine (che usava, con originalità, due bassi distorti e un campionatore) ed approdare a una musica più pacata. La sua voce diventa allora il tratto distintivo della musica dei Paramount Styles, quelle corde vocali ruvide e quei toni da crooner che da sempre rendono McCloud uno degli interpreti più cool del rock underground. Per il resto, le nuove canzoni – per la cui realizzazione è stato coinvolto alla batteria anche il vecchio compagno d'avventura Alexis Fleisig – pur non impressionando certo per carica innovativa, oltre ad essere un po' penalizzate dagli arrangiamenti non sempre adeguatamente dinamici, comunque risultano oltre modo piacevoli all'ascolto.
Guido Siliotto





Prince

Liz Jones, "Prince. Schiavo del ritmo", Odoya, pp. 352, euro 20
Ristampa, riveduta e corretta, della biografia scritta nel '97 da Liz Jones (giornalista di Sunday Times e Marie Claire): vita e gesta del principe di Minneapolis, uno dei più grandi artisti pop di tutti i tempi, fino al periodo difficile degli anni novanta – quando mise addirittura da parte il proprio nome in polemica con il music business. La Jones ne scandaglia la vita privata, con l'ausilio di numerose testimonianze, lasciando un po' da parte l'analisi della musica, di cui si parla nell'appendice / aggiornamento a cura di Davide Sechi. I misteri restano per lo più insoluti, ma è comunque un testo imprescindibile per ogni fan.
Guido Siliotto

Primus

Primus, “Green Naugahyde”, Prawn Song
Si tratti o no di una coincidenza, fatto sta che i nuovi dischi di Primus e Red Hot Chili Peppers sono usciti praticamente assieme, per un nuovo confronto a distanza fra le due band che forse più di tutte hanno rappresentato quella scena che, negli anni novanta, ha saputo mettere insieme funk e rock in una sintesi che ha fatto impazzire milioni di appassionati in tutti il mondo. Il nuovo parto del trio – nella formazione originale composta da Les Claypool (basso e voce), Larry LaLonde (chitarra) e Jay Lane (batteria) - esce a distanza di dodici anni dal predecessore “Antipop” e la pubblicazione avviene in maniera del tutto indipendente, con l'etichetta personale del trio (Prawn Song). Un segno dei tempi, forse. Ad ogni modo, ciò che conta di più è la qualità sonora di questo “Green Naugathyde”, di sicuro una prova molto buona da parte di questi vecchietti terribili, che magari non sconvolgerà la vita di nessuno – come invece accadde con certe pietre miliari del loro passato – ma che mostra una invidiabile freschezza di ispirazione, oltre alla solita, mostruosa perizia tecnica. Pur nella grande varietà di guizzi stilistici - com'è nella tradizione di un gruppo che ha sempre seguito gli insegnamenti di un certo Frank Zappa in fatto di alchimie sonore -, è sempre il funk a farla da padrone. Forse vanno un po' controcorrente, come quei salmoni protagonisti di uno dei brani meglio riusciti dell'intera raccolta (“Last Salmon Man”), ma di questi tempi, visto che lo spazio che fin troppo spesso si tende a concedere anche ai più pallidi imitatori, tanto vale stavolta rivolgersi agli originali.
Guido Siliotto

Betta Blues Society

Betta Blues Society, "Betta Blues Society", Autoprodotto
Ecco una band coi piedi ben piantati nel... passato. Che dire, questi Betta Blues Society non si fanno distrarre da auto di grossa cilindrata, cellulari di ultima generazione e tv ultrapiatti. Sedotti invece da atmosfere bucoliche e sonorità d'annata, coi loro strumenti rigorosamente acustici si cimentano in canzoni che sembrano un altolà alle frenesie contemporanee e fanno piombare in un clima tradizionalista oltre modo rigenerante. Il progetto toscano si consolida un paio d'anni fa grazie all’incontro tra la cantante Elisabetta Maulo e il chitarrista Lorenzo Marianelli, cui si aggiungono ben presto Luca Guidi (chitarra e ukulele), Nicola Floris (armonica) e Matteo Anelli (contrabbasso). Dopo il classico rodaggio live, eccoli alla prima prova discografica, un album omonimo registrato a Livorno da Antonio Castiello. Dodici brani di cui nove firmati da Luca Guidi (da solo o con la collaborazione dei compagni d'avventura) e altri tre che sono invece cover di Sister Rosetta Tharpe, Ma Rainey e Leiber & Stoller. I riferimenti sonori sono al prewar blues, quello cioè che si suonava prima della Seconda guerra mondiale, con qualche ironico aggancio al presente ("Bunga Bunga"), il tutto con convinzione, passione e ottimi risultati, anche dal vivo, grazie alla perizia dei musicisti e alla splendide qualità espressive della cantante.
Guido Siliotto

Red Hot Chili Peppers

Red Hot Chili Peppers
 “I'm With You”
Warner
E' andato dritto in testa alle classifiche di vendita nel nostro paese, come già era avvenuto per la Gran Bretagna. Dimostrazione di quanto spasmodica fosse l'attesa dei fan per il nuovo parto della band di Anthony Kiedis. L'operazione promozionale era comunque già partita da tempo, con le copertine sulle principali riviste e un singolo, “The Adventures Of Rain Dance Maggie”, trasmesso di continuo in radio e su MTV. Era da cinque anni, dopo “Stadium Arcadium”, che attendevamo al varco la band, ancora una volta orfana di John Frusciante, che ha deciso di proseguire per conto proprio, sostituito da Josh Klinghoffer. “I’m With You” si presenta con 14 canzoni ed è prodotto da uno dei Re Mida del rock, quel tale Rick Rubin che con i Red Hot già aveva lavorato ai tempi di “Blood Sugar Sex Magik”. Se l'obiettivo era quello di dimostrare di avere ancora qualcosa da dire, il gruppo non delude: ci sono buoni riff, belle melodie, grinta a volontà e non manca neppure la grande ballata, quella “Brendan’s Death Song” che è già un classico. A sostenere l'impresa c'è soprattutto il basso funk di Flea, oltre all'inconfondibile voce di Kiedis, mentre la chitarra del più giovane Klinghoffer mira al sodo, sebbene i fan di Frusciante avranno senz'altro qualcosa da recriminare in proposito. Non si tratta di un capolavoro, ripete un po' i soliti clichè e, certo, rispetto ai vecchi lavori manca quell'irruenza che rendeva il gruppo qualcosa di unico, ma pretendere una cosa del genere da chi è sulla breccia da così tanto tempo sarebbe quanto meno ingiusto.
Guido Siliotto

Bonvi & Cavazzano

Bonvi & Cavazzano, “Altre storie dello spazio profondo”, Rizzoli, pp. 200, euro 17
La fantascienza secondo Bonvi, vale a dire una materia che si piegava alla sua proverbiale ironia come già la guerra nelle “Sturmtruppen” e gli dava lo spunto per una serie di storie argute e divertentissime, assecondate dalla matita del più grande autore Disney Giorgio Cavazzano, pubblicate negli anni 1998-99 nella collana “I grandi comici del fumetto”. Nei quattro episodi de “La città” troviamo un poliziotto razzista che se la prende con un timido alieno, dei mostriciattoli che rubano i sogni, un angelo di seconda categoria e una terribile creatura cannibale, mentre in “Maledetta galassia!” gli equipaggi terrestri non fanno una bella figura in confronto alle creature aliene. Insomma, Bonvi era capace di parlare di “spazio profondo” meditando sui tic, le manie e le piccole e grandi tragedie quotidiane di noi poveri abitanti di questo pianeta. Inutile rimarcare con quale straordinario talento Cavazzano è stato capace di dare una forma alle sue impareggiabili fantasie. In attesa che Rizzoli renda disponibili altri quattro titoli che si pensava fossero andati perduti.
Guido Siliotto

Megafaun

Megafaun, "Megafaun", Crammed Discs
Tornano i Megafaun con un'altra straordinaria tappa di un percorso musicale che sta appassionando parecchi estimatori di quel rock americano capace di guardare con rispetto e coinvolgimento alla tradizione, ma incline altresì a trattare la materia con indubbia personalità. Anche stavolta, del tutto insensibile alla ricerca di un genere in cui farsi incasellare, il trio colpisce per la capacità di spaziare dalla ballata che arriva dritta al cuore fino a certe derive sperimentali, coinvolgendo con calde melodie e vibranti scossoni. Insomma, una band che si conferma in stato di grazia.
Guido Siliotto

The Great Saunites

The Great Saunites
"Delay Jesus ’68"
Hypershape/Il Verso Del Cinghiale
Sono solo in due, ma a dispetto del numero fanno parecchio baccano. In realtà, ponendosi come duo basso-batteria – con qualche inserto di tastiera - ci si potrebbe aspettare qualcosa di particolarmente sperimentale, e invece The Great Saunites chiariscono fin dalla prima traccia che il loro percorso è assai più tradizionalista e questi ragazzi di Lodi dimostrano di avere a casa una bella collezione di dischi. Pescano a piene mani dall'hard rock più classico e da certa psichedelia, per finire in un contesto che senza problemi potremmo definire noise. Facile immaginare che i pezzi nascano da lunghe jam in sala prove e questi flussi di coscenza vanno poi a costituire le lunghe tracce contenute nel cd. L'atmosfera che si respira, comunque, è cupa e a tratti inquiteante e i due sono molto bravi, ottimi sia il drumming ossessivo che le linee di basso che tengono in piedi l'aspetto melodico. Con un maggiore dinamismo compositivo, il prossimo album potrebbe fare il botto.
Guido Siliotto

Michele Petrucci

Michele Petrucci, “Il brigante Grossi e la sua miserabile banda”, Tunuè, pp. 112, euro 14,70
Da inserire senz'altro nel filone delle pubblicazioni dedicate ai 150 anni dell'Unità d'Italia, questo graphic novel di Michele Petrucci guarda però le cose da una prospettiva piuttosto particolare ed inconsueta. Le vicende narrate, infatti, riguardano le gesta della banda del temibile brigante Terenzio Grossi, un ex contadino marchigiano, che, all'arrivo dei Savoia, non ne vuole sapere di sottostare alle nuove regole e preferisce invece mantenere la propria indipendenza utilizzando la legge del più forte, tra uccisioni, rapine e furti. Fuggito di prigione, raduna attorno a sé un manipolo di uomini e porta avanti con determinazione il suo piano, fino alle tragiche conseguenze. Petrucci utilizza uno stile molto particolare, sia da un punto di vista grafico, con un tratto che tende a mettere in evidenza la crudezza delle atmosfere, sia per quanto riguarda la sceneggiatura, privilegiando una ricostruzione frammentaria dei fatti e narrando, oltre le vicende storiche, anche quelle umane, fatte di amicizia e tradimento.
Guido Siliotto

Fiftyniners

Fiftyniners
"Psychorama"
Twelve
Per cogliere tutta la potenza dei Fiftyniners, dirigetevi subito sulla traccia numero tre, quella che dà il nome al loro nuovo album. "Psychorama", come già il titolo suggerisce, è un fulminante psychobilly coi controfiocchi: riff micidiale, coretto contagioso, ritmica trascinante. Non sono da meno le altre canzoni contenute nel disco, in tutto 13 tracce che rimandano a memoria la lezione dei grandi maestri del rock'n'roll e dimostrano quanto ancora attuali e avvincenti possano risultare quelle sonorità ancora oggi, nonostante i tre musicisti pescaresi – con pseudonimi in tema come Nitro (voce e chitarra), T-Bone (contrabbasso) e Speedking (batteria) – si facciano ritrarre nella copertina come salme nelle rispettive bare. Vivi e vegeti, invece, e pure con una grande voglia di provare qualche strada alternativa, come quando tentano con successo anche la carta delle liriche in italiano, magari un esperimento da ripetere in futuro.
Guido Siliotto






Leonard Cohen


Leonard Cohen
"Parassiti del paradiso"
Minimum Fax, pp. 183, euro 13
Uscita nel 1966, ma mai pubblicata in italia prima d'ora, "Parassiti del paradiso" è una raccolta poetica fondamentale nella produzione artistica di Leonard Cohen, se non altro perchè sono qui contenuti i testi di canzoni come «Suzanne», «Teachers», «Fingerprints», «The Master Song» e «Avalanche». E' sempre un piacere gustare la funambolica capacità di Cohen di mettere assieme religiosità e sensualità e interpretare vari ruoli, come sottolinea Suzanne Vega nell'introduzione-tributo. Tutte le poesie presentano il testo originale a fronte.

Guido Siliotto

Miles Davis

Miles Davis
"Miles Davis Quintet Live in Europe 1967, The Bootleg Series vol.1"
Sony
E' caduto il 28 settembre il ventennale della scomparsa del grande Miles Davis e non poteva mancare una adeguata celebrazione anche da un punto di vista discografico, al solito molto attesa dai fan del trombettista, sempre pronti ad accogliere con entusiasmo qualche prezioso recupero dell'opera del maestro. La Sony, per molti anni la casa discografica di Davis (quando ancora si chiamava Columbia) è riuscita a rispolverare alcune registrazioni datate 1967 relative a un tour in Europa con il gruppo stellare composto da Wayne Shorter ai sassofoni, Herbie Hancock al pianoforte, Ron Carter al contrabbasso e Tony Wiliams alla batteria. Il materiale qui contenuto era già noto ai fan, ma la vera sorpresa è un live a Copenaghen finora del tutto inedito. Si tratta di in un box di tre cd più un dvd, intitolato "Miles Davis Quintet Live in Europe 1967, The Bootleg Series vol.1", con la promessa dunque di dare seguito all'operazione. Come detto, la data è il 1967, dunque anteriore alla svolta elettrica, con brani tratti dagli album "E.S.P.", "Miles Smiles", "Sorcerer" and "Nefertiti", oltre ad alcuni classici come “Round Midnight”, “On Green Dolphin Street”, "I Fall In Love Too Easily” and “No Blues” in versioni assai differenti rispetto ai dischi ufficiali e catturati live il 28 ottobre ad Anversa, il 2 novembre a Copenhagen e il 6 novembre a Parigi, mentre nel dvd c'è il concerto di Stoccolma del 31 ottobre e quello di Karlshure del 7 novembre. Musica straordinaria, un documento assolutamente imperdibile.
Guido Siliotto

Arctic Monkeys

Arctic Monkeys
“Suck It And See”
Domino
Sembra passato un secolo da quando questi quattro ragazzi di Sheffield sconvolgevano il mondo del pop con il loro fulminante esordio, ma ancor più con una tattica di marketing tanto semplice quanto geniale, fatta di demo distribuiti gratuitamente e un abile utilizzo di Internet, tanto che fin dai primi concerti c'erano ragazzi adoranti in prima fila a cantare tutte le loro canzoni. Ormai sono una rock-band di quelle i cui dischi sono attesi febbrilmente da milioni di appassionati. Insomma, un sogno che si è avverato. Certo, qualche fan della prima ora ha già alzato bandiera bianca da un pezzo: la svolta rappresentata da un cd come “Humbug” aveva infatti segnato un nuovo percorso nello stile di Alex Turner e soci, un significativo allontanamento dalle ferree regole del pop britannico e un’incursione nel magico mondo della psichedelica e dello stoner rock a stelle e strisce. Il nuovo “Suck It And See” è in qualche modo la sintesi fra le nuove ispirazioni e le radici mai del tutto rinnegate, quelle che agli esordi consentirono al gruppo di sbancare le classifiche. Tra vibranti ballate e cavalcate più tirate, con buone prove melodiche e le più disparate citazioni, la band riesce a coniugare le diverse anime del proprio progetto musicale in una sintesi che non delude, ma lascia presagire per il futuro nuovi possibili sviluppi, alla faccia di chi pensava che non sarebbero mai stati in grado di evolversi.
Guido Siliotto

Taraf de Haïdouks & Kocani Orkestar


Taraf de Haïdouks & Kocani Orkestar
"Band Of Gypsies 2"
Crammed Discs
Per festeggiare il ventesimo compleanno, i Taraf De Haidouks hanno deciso di mettere in piedi un progetto assieme alla Kocani Orkestar, un vero e proprio supergruppo con i membri delle due band, o, meglio, una grande orchestra che mette insieme i 26 musicisti che compongono le due celebri formazioni, sotto la direzione di Stéphane Karo, che in passato aveva già avuto modo di lavorare con entrambe. Il titolo del disco che è nato da questa collaborazione allude al cd dei Taraf de Haïdouks uscito nel 2001 in cui l'orchestra macedone forniva il suo contributo. Stavolta, invece, le nuove canzoni nascono a tutti gli effetti dal sodalizio, in un disco che esalta la straordinaria vitalità della musica gitana anche grazie alla forza funky dei fiati della Kocani Orkestar. Inutile dire che con le 12 tracce contenute nella raccolta è come acquistare il biglietto per un viaggio sonoro capace di portare dai Balcani e dalla Romania fino alla Turchia, mescolando tradizione e pop music in un eccitante caleidoscopio. Ed è bello sottolineare non solo l'incontro tra le diverse generazioni che animano entrambe le band, ma anche l'abbraccio tra cristiani (Taraf de Haïdouks) e musulmani (Kocani Orkestar).
Guido Siliotto