martedì 14 aprile 2009

P. Fariselli, “Storie elettriche”, Auditorium, pp. 192, € 12,50
Non un'autobiografia e neppure una storia degli Area, a trent'anni dalla scomparsa di Demetrio Stratos. Tutt'altro. “Storie elettriche” è una raccolta di appunti, forse un diario di viaggio, quasi 200 pagine in cui Patrizio Fariselli, protagonista di una delle più importanti formazioni della nostra storia musicale, rievoca, racconta, testimonia. C'è un po' di tutto: l'infanzia segnata dall'organo di Brian Auger, gli esordi faticosi, il primo disco, il successo, un concerto a Cuba, un altro in Sardegna, John Cage, la passione per i cani, Parco Lambro. Ironico, intelligente ed acuto, un libro che si legge tutto d'un fiato, magari accompagnandolo con le note dell'ultimo cd firmato da Fariselli, “Notturni”, pubblicato anch'esso da Auditorium.
Guido Siliotto

Illàchime Quartet, “I'm Normal, My Heart Still Works”, Fratto9 Under the sky/Lizard
Eccolo finalmente l'atteso nuovo album firmato Illàchime Quartet. L'ensemble napoletano, dopo un ottimo esordio, aveva fatto perdere le proprie tracce, salvo tornare in una recente compilation della francese Bip-Hop, preludio a questo “I'm Normal, My Heart Still Works”, licenziato dalle ottime Fratto9 e Lizard. Un disco che, già per gli ospiti, è un piccolo evento: Mark Stewart (Pop Group), Graham Lewis (Wire), il compositore d'avanguardia Rhys Chatham e il jazzista Salvatore Bonafede. Il gruppo fondato da Fabrizio Elvetico e Gianluca Paladino è al meglio, in quattro anni ha ben focalizzato le idee e stupisce ancora: resta sempre una caratteristica predominante il saper coniugare le più varie ispirazioni, tra rock, classica ed elettronica, con campionamenti di musica popolare e jazz. Tentare, grazie anche ai superospiti, la strada della forma-canzone è però un'altra scelta che viene premiata dalla bontà del risultato. Affascina il contrasto tra le ritmiche e il placido suono del pianoforte, e poi l'uso dei rumori dell'ambiente circostante e detriti digitali, mentre la composizione non imbriglia mai l'improvvisazione. Un grande disco.
Guido Siliotto

Les Claypool, "Of Fungi And Foe", Prawn Song
Ci sono artisti che non ce la fai a contenerli: sfuggono, sgusciano, e quando pensi di averli acchiappati, sono già lontani. Les Claypool è tra questi. Scordati i fasti dei Primus, messe nel cassetto le medaglie, il bassista/cantante è tornato qualche tempo fa con un album, “Of Whales and Woe”, del quale esce ora l'atteso seguito. Atteso, sì, per capire da che parti ci può condurre, stavolta, il funambolico geniaccio. E fin dalle prime note di questa nuova raccolta, "Of Fungi And Foe", si capisce che è lo spirito zappiano a farla da padrone, in un frullato di stili da capogiro. Ogni canzone ti porta di qua e di là, il nostro ha tutta l'aria di divertirsi un mondo - e noi, ovviamente, con lui – al solito guidato da una perizia tecnica mostruosa, ma mai esibita e sempre funzionale. I suoni passano nel tritatutto di Les, gli stili si mescolano, nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto continuamente si trasforma. Molti gli ospiti, tra i quali spicca Eugene Hütz, vocalist dei Gogol Bordello, con un cameo nella vigorosa "Bite Out Of Life". Un disco che è la assoluta conferma di una solidissima vitalità creativa.
Guido Siliotto

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