lunedì 6 aprile 2009

H. Barker / Y. Taylor, “Musica di plastica. La ricerca dell'autenticità nella musica pop”, ISBN, pp. 203, € 29
Ha senso parlare di “autenticità nella musica pop”? Ebbene sì, perché quando ascoltiamo la musica che più ci piace, spesso finiamo per chiederci se quel tale musicista “ci è o ci fa”. Ecco, a questa domanda cercano di rispondere Hugh Barker e Yuval Taylor con “Musica di plastica”, un corposo saggio che analizza la storia della musica pop per trovare esempi di onestà e integrità, attraverso alcuni casi emblematici, nel bene e nel male, tra i quali spiccano: Elvis Presley; la morte di Kurt Cobain, che non sopportava di tradire se stesso e il pubblico; le titubanze di Donna Summer, regina della disco, genere inautentico per eccellenza; la parabola dei KLF; la vicenda di Leadbelly, eroe del folk; Johnny Rotten, che smette gli abiti punk e ridiventa Lydon. Un testo ricco di spunti di grande interesse, con risposte a volte inaspettate. Della serie: non è tutto oro ciò che luccica.
Guido Siliotto

Lotus Plaza, "The Floodlight Collective", Kranky
Dopo Bradford Cox, che l'anno scorso ci ha provato col progetto Atlas Sound, anche Lockett Pundt lascia per un attimo i Deerhunter e, con lo pseudonimo Lotus Plaza, pubblica "The Floodlight Collective". Non si discosta molto dalle atmosfere tipiche del gruppo di provenienza, il buon Lockett, neppure con questa prova solista. Semmai, nel proseguire in tale ricerca, enfatizza certi aspetti, e lo fa in maniera molto personale, assecondando le proprie prerogative. I punti di riferimento per questo disco sono molteplici, a cominciare da una malcelata passione per gli anni sessanta e, soprattutto, per un artista come Phil Spector: facile ritrovare, qui, echi di quel suo celebre muro di suono. Ma la musica targata Lotus Plaza resta anche fedele ai numi ispiratori di casa 4AD, quella che aveva nei celeberrimi Cocteau Twins la punta di diamante di un magnifico catalogo, per finire sulle placide orme altresì di tanti i gruppi e sottogruppi del movimento shoegaze, tanto di moda oggi. Una manciata di brani assai godibili e orgogliosamente nostalgici per un album che è comunque qualcosa di più di un semplice diversivo.
Guido Siliotto

The Incredulous Eyes Project, “ The Incredulous Eyes Project”, Autoprodotto
Gran bel gruppo i Bebe Rebozo, dall'indole noise e assai creativi. Reduci da quell'esperienza, Danilo Di Nicola (voce e chitarra) e Claudio Di Nicola (batteria e percussioni) decidono di intraprendere una strada nettamente differente. Dall'incontro con Giustino Di Gregorio, musicista elettronico che in passato ha pubblicato un cd nientemeno che per la Tzadik, prestigiosa etichetta di John Zorn, nasce questo The Incredulous Eyes Project, che sarà pure la sintesi delle rispettive esperienze, ma che tuttavia non suona affatto come uno se lo aspetterebbe, date le premesse. Il trio, infatti, lungi dal voler insistere sulla via della sperimentazione, si muove al contrario su orizzonti sonori assai rassicuranti. Il taglio è rock in senso tradizionale, il piglio è pacato, la forma è rispettata e le melodie ci sono, eccome. Il disco, in fin dei conti, è semplicemente una raccolta di belle canzoni, valorizzate dalla cura degli arrangiamenti, puliti e raffinati, e dalla buona qualità compositiva. Certo, chi si aspettava un diverso approccio alla materia, anche sulla scorta delle prove precedenti, potrà restare deluso, ma chi si accosta al cd con fiducia, troverà buona musica per i propri padiglioni auricolari.
Guido Siliotto

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