martedì 22 giugno 2010

Samuel Katarro

Samuel Katarro
“The Halfduck Mistery”
Angle / Trovarobato
Cos'è rimasto di quel ragazzo che sul palco si presentava da solo, chitarra e voce, per scarne e deliranti canzoni? E cosa è rimasto del blues di “Beach Party”, il suo cd d'esordio uscito un paio d'anni fa? Ben poco, all'ascolto di questo secondo album “The Halfduck Mistery”. C'è ancora quel nomignolo assurdo che Alberto Mariotti da Pistoia ha deciso un giorno di cucirsi addosso. Samuel Katarro sembra cambiare pelle, ma lui già ci aveva avvertito in tempi non sospetti che le influenze non erano quelle più evidenti. Il giovanotto ha sempre ammesso di essere un vorace ascoltatore, capace di apprezzare tanto le cose più ostiche dei Pere Ubu quanto i peggiori dischi dei Beach Boys, giusto per citare un paio dei suoi miti personali. Ecco che, allora, l'unica cosa da fare per lui in questa seconda fatica era pagare il giusto tributo alla musica degli anni sessanta, riappropriarsi di quelle atmosfere e suonare come in una macchina del tempo. Ne è venuto fuori un disco spazzante, finemente arrangiato, a tratti geniale. La conferma di un talento visionario.
Guido Siliotto

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